Giuseppe Dossetti, partigiano, uomo politico di prim’ordine a Reggio Emilia, poi riconosciuto sul piano nazionale e internazionale (fece parte della frazione di Cronache sociali della Democrazia cristiana, il gruppo che passò alla storia quando Alcide De Gasperi lo definì “dei professorini”), candidato contrapposto a Dozza nel 1956 nel comune di Bologna per volontà del cardinale Giacomo Lercaro, nacque a Genova nel 1913.
Dopo i primi mesi di vita la sua famiglia si trasferisce a Cavriago, paese della provincia di Reggio Emilia nel quale il padre esercita il mestiere di farmacista. Nella prima giovinezza iniziò subito il suo impegno politico nelle fila dell’Azione cattolica, sotto la direzione di Dino Torreggiani, un sacerdote molto impegnato nel sociale, ed è con quella figura carismatica che Dossetti lavorò lungo tutto il suo percorso universitario all’oratorio San Rocco, a Reggio Emilia, collaborando anche con monsignor Leone Tondelli. Nel 1930 il vescovo di Reggio Emilia e Guastalla monsignor Eduardo Brettoni nominò Giuseppe Dossetti presidente del Circolo giovanile. Parallelamente il giovane Giuseppe consegue la maturità classica nel liceo di Reggio Emilia, per poi iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza, conseguendo la laurea all’Ateneo di Bologna nel novembre del 1934.
Sono quelli gli anni dello studio. Sempre nel 1934 si trasferisce presso l’Università cattolica del Sacro Cuore, retta da Agostino Gemelli. Alla Cattolica stringe rapporti con Antonio Amorth, con Giuseppe Lazzati, dirigente della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (Giac) milanese, Amintore Fanfani, Giorgio La Pira e altri. I cosiddetti “professorini”, appunto.
Nel 1940 ottiene la libera docenza con cattedra di Diritto canonico, mentre nel 1942 è chiamato a ricoprire l’incarico di docente di Diritto ecclesiastico all’Università di Modena. Dopo la caduta del regime fascista, il 25 luglio del 1943, e l’armistizio dell’8 settembre, aderisce alla resistenza. Fece parte in un primo momento del Comitato di liberazione nazionale di Cavriago, poi entrò nel Cln provinciale di Reggio Emilia, dove rappresenta la componente della Dc. E dello stesso Cln diventerà il presidente.
Era conosciuto con il nome di battaglia di Benigno. Nell’estate del 1944, assieme al fratello Ermanno, è tra i protagonisti della nascita delle Fiamme verdi sulla montagna reggiana. Partecipò ad azioni militari come la battaglia di Ca’ Marastoni (1° aprile 1945), mentre dal punto di vista ideologico ebbe eco la sua battaglia per eliminare la figura del commissario politico nelle formazioni partigiane, come dura e netta fu la contrarietà alle eliminazioni sommarie e individuali compiute dai Gap. Spesso incrociò la penna con Didimo Ferrari, Eros, commissario politico nelle brigate Garibaldi e comandante partigiano comunista di primo piano.
Dopo la liberazione Giuseppe Dossetti è parte del Consiglio nazionale della Dc e dopo il 2 giugno del 1946 viene eletto alla Costituente. Entra nella Commissione dei 75, presieduta da un altro reggiano illustre, Meuccio Ruini, e incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione repubblicana. Dall’agosto del 1945, dunque, Giuseppe Dossetti, si trasferì a Roma, mentre il 7 marzo del 1946 si dimette dalla segreteria del partito, dalla direzione e dal Consiglio, lasciando anche l’incarico di vicesegretario nazionale, in polemica con la posizione ancora incerta della Dc sulla scelta repubblicana.
E’ in quel periodo, anno 1947, che attorno alla figura di Giuseppe Dossetti cresce un gruppo di giovani che si ritrova coinvolto nella rivista Cronache sociali: tra questi Amintore Fanfani, Giorgio La Pira ed Ernesto Lazzati. Tuttavia, alla fine il congresso della Dc sposò la scelta repubblicana e Giuseppe Dossetti resta in carica quale vicesegretario. Al contempo, nell’ambito della Costituente, figura tra i componenti della commissione incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione.
Giuseppe Dossetti viene poi eletto alla Camera nella tornata elettorale dell’aprile del 1948, quella caratterizzata dallo scontro al veleno tra Dc e il Fronte popolare socialcomunista, che soprattutto Pietro Nenni aveva sollecitato per combattere la cacciata dal governo di unità nazionale dei comunisti.
Dossetti votò con una certa sofferenza l’adesione dell’Italia al Patto atlantico nel marzo del 1949. Poi, a seguito del Congresso democristiano di Roma del giugno 1950, in nome dell’unità del Partito invocata da Alcide De Gasperi, accetta ancora la vicesegreteria della Dc.
Travagliato da sofferenze per una mancata adesione del suo partito a una politica sociale fondata sull’eguaglianza e stretto tra un bipolarismo dall’esito scontato, Dossetti, che a Rossena (sulla montagna reggiana) aveva convocato due incontri con i suoi, nel luglio del 1951 si dimette da vicesegretario della Dc, e il 18 giugno del 1952 lascia anche la Camera dei deputati.
Inizia un cammino dall’esito incerto. Dopo l’uscita dalla politica attiva, Giuseppe Dossetti fonda a Bologna l’istituto per le Scienze religiose, poi, nel 1956, aderisce alla richiesta del cardinale Giacomo Lercaro di candidarsi al comune di Bologna come capolista indipendente della Democrazia cristiana per le elezioni comunali, sfidando a viso aperto la maggioranza comunista. Alla fine di un’infuocata campagna elettorale il Pci conserva la guida del comune per il sindaco Giuseppe Dozza, mentre Dossetti entra a Palazzo D’Accursio quale consigliere.
Ma nel dicembre del 1956 l’ex esponente dello Scudo crociato esprime il desiderio di abbracciare completamente la fede e di diventare sacerdote. Contemporaneamente si dimette da professore universitario. Nel 1958 veste l’abito talare e prende la decisione di ritirarsi al Santuario di San Luca. Partecipa poi nel 1960 ai lavori del Concilio Vaticano Secondo, dove la sua opera principale è la revisione del regolamento dei lavori dello stesso Concilio. Nel 1968 Giuseppe Dossetti condanna i bombardamenti americani sul Vietnam “nel nome di Dio”. Il suo atto diventa un caso internazionale. Paolo Sesto giunge alla decisione di rimuovere il cardinale Giacomo Lercaro, suo punto di riferimento, dalla città di Bologna. Il gesto del Pontefice coincide con l’allontanamento dello stesso Dossetti dal capoluogo felsineo e con il suo ritiro nella comunità monastica, la Piccola Famiglia dell’Annunziata, da lui fondata a Monteveglio nel 1955.
Ed è in quel luogo a lui caro, Monteveglio, che, dopo avere lasciato la guida della comunità (dando vita nel 1994 ai Comitati per la difesa della Costituzione, per contrastare le modifiche avviate dal governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi) don Giuseppe Dossetti si spegne il 15 dicembre del 1996. Mentre il suo pensiero è sopravvissuto alle sue spoglie mortali e ha continuato a influenzare e a ispirare le generazioni politiche successive.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]