Sarà inaugurata venerdì 11 giugno presso lo spazio San Zenone di Reggio, nell’ambito del festival Fotografia Europea 2021, la mostra fotografica “Interno” di Valerio Polici. Co-prodotta da Emilbanca e realizzata con il supporto dello Spazio C21 (Palazzo Brami), in seguito alla vittoria di Polici nel Circuito Off dell’ultima edizione della manifestazione, la mostra si articola in quattordici fotografie a colori.
Si tratta di un progetto realizzato nell’arco temporale di cinque anni in varie città europee, concepito inizialmente durante la seconda edizione del laboratorio irregolare di Antonio Biasiucci e continuato per altri tre anni in forma autonoma.
Dopo il successo di “Ergo Sum”, il lavoro con cui Polici aveva vinto il Circuito Off nel 2019 e che ha esposto prima alla Biennale di Venezia e poi al Macro di Roma, l’artista torna dietro la macchina fotografica per realizzare “un viaggio a ritroso nel proprio immaginario”, un’esposizione densa di suggestioni.
Se nei lavori precedenti aveva sempre seguito una narrativa più “lineare”, seppur con un impianto spesso perturbante, questa volta Polici si è cimentato con una narrazione molto più libera ma, allo stesso tempo, estremamente rigorosa. Tutte le immagini, infatti, sono scattate in interni, a colori e in formato verticale. Una scelta molto netta ed essenziale che si manifesta anche nella forma espositiva: ogni opera è stata accostata a un’altra in una sequenza che riesce sempre a trasmettere una certa inquietudine. L’accostamento di questi dittici, più che seguire una logica narrativa “didascalica”, si basa su intime suggestioni capaci di trasmettere costantemente un profondo senso claustrofobico.
Con “Interno”, dunque, Polici è tornato a riflettere sul complesso rapporto tra immagine e parola. Il progetto è arrivato alla sua definizione dopo una lunga ricerca artistica ma anche fisica (il lavoro è stato realizzato in moltissime location, completamente distanti e apparentemente sconnesse l’una dall’altra), in cui il fotografo ha saputo sperimentare e sperimentarsi per arrivare infine a una sua personalissima “geografia interiore”. Lo stesso titolo, del resto, riflette questa doppia dimensione di spazi interni come metafora di luoghi interiori.
Per quanto riguarda la costruzione compositiva del lavoro, invece, Polici ha lavorato soprattutto sulla sottrazione: una scelta che gli ha permesso di mettere maggiormente a fuoco l’ambiguità, una tematica a lui particolarmente cara, e di realizzare una vera e propria “opera aperta” che invita alla contemplazione.
“In occasione dell’invito di Fotografia Europea a esporre un nuovo lavoro, ho pensato a un’installazione capace di dialogare con lo spazio, mantenendo una forte coerenza col carattere estremamente rigoroso del progetto”, ha spiegato Polici.
“Per questo ogni stampa ha le stesse dimensioni, la stessa carta, ed è disposta sulla stessa altezza, quasi come se fosse la bobina di un film srotolata. La dimensione di 90×60 cm mi sembrava quella giusta perché abbastanza grande da permettere all’occhio di muovercisi dentro, apprezzando dettagli e cromatismi, ma abbastanza piccola da garantire l’intimità necessaria alla fruizione di questo lavoro. Le cornici a filo, invece, sostengono e separano le immagini senza prendere il sopravvento”.
“La sequenza segue una logica ben precisa: in ogni passaggio, in ogni dittico, c’è l’intenzione di trovare legami forti, seppur non immediatamente comprensibili, che facciano emergere qualcosa di irrisolto. Ho cercato inoltre di dare forma a un ritmo, di conferire al tutto una sua musicalità. Pause e vicinanze diventano strumenti narrativi funzionali a quest’intenzione. La forma installativa che ho scelto, quindi, punta a massimizzare le suggestioni, il senso claustrofobico e perturbante che il progetto vuole veicolare”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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