Al secondo anno consecutivo di Giornata internazionale della donna sotto lo scacco della pandemia di nuovo coronavirus, come stanno reagendo le imprese femminili alle pesanti ripercussioni sull’economia locale causate dall’emergenza sanitaria? È a questa domanda che ha voluto rispondere l’analisi dell’Ufficio studi della Camera di commercio di Reggio, che ha evidenziato per questo segmento una capacità di resilienza più marcata rispetto al resto del sistema imprenditoriale provinciale.
A fronte di un calo complessivo (seppur lieve: -0,2%) delle imprese reggiane nel 2020, quelle femminili (le imprese individuali con una titolare donna; le società di persone o cooperative nelle quali la maggioranza dei soci è costituita da donne o la maggioranza delle quote di capitale è detenuta da donne; le società di capitali nelle quali la maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione è costituita da donne o la maggioranza delle quote di capitale è detenuta da donne; i consorzi composti al 51% o più da imprese femminili) si sono contraddistinte per una buona tenuta, mostrando una pur lievissima tendenza alla crescita (+0,1%) e attestandosi a quota 9.998 unità, con un tasso di femminilizzazione del sistema imprenditoriale provinciale che sfiora il 18,5%.
La suddivisione per settori è rimasta sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti, con oltre il 70% delle imprese femminili che si concentrano in cinque settori di attività: commercio, agricoltura, servizi di alloggio e ristorazione, altre attività dei servizi e manifattura. Il commercio resta in ogni caso il settore di attività principale, con 2.400 aziende femminili e una netta prevalenza (1.679 unità) di quelle attive nel commercio al dettaglio.
Per quanto riguarda invece il settore terziario, sono 1.918 le imprese femminili della provincia di Reggio che svolgono attività di servizi alle imprese, in crescita del 2,4% rispetto al 2019. La percentuale di imprese guidate da donne sul totale è rilevante in particolare tra le aziende attive nei servizi alla persona (il 44% sul totale degli operatori del settore); in alcuni settori, inoltre, la quota delle imprese femminili ha un’incidenza superiore al 50%, come ad esempio nel caso della sanità e dell’assistenza sociale. Analizzando l’area dei servizi alla persona (lavanderie, saloni da parrucchieri, istituti di bellezza, ecc.), poi, la presenza di imprese femminili è preponderante e si traduce in una percentuale pari al 64% del totale degli operatori che svolgono la stessa tipologia di attività.
Anche l’imprenditoria femminile straniera ha retto bene l’urto della pandemia: nel 2020 tale componente è cresciuta del 2,3% rispetto all’anno precedente (da 1.665 a 1.703 imprese registrate), confermando il trend in crescita degli ultimi anni. Limitando l’analisi alle imprese individuali, le sole per le quali è possibile individuare lo stato di nascita dell’imprenditrice, i principali paesi di origine restano Cina, Nigeria, Marocco e Romania.
Al contrario, invece, sono calate di ben cinque punti percentuali (passando da 1.138 a 1.081 unità) le imprese giovanili femminili, a conferma di quelli che sono i dati provinciali generali sulla riduzione del numero delle imprese guidate da imprenditori e imprenditrici con meno di 35 anni.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]