La prima differenza è nello stile. Mario Draghi affronta le consultazioni da solo, riceve delegazioni su delegazioni, ogni tanto si segna un appunto. Gli altri non vedono l’ora di apparire alle telecamere cercando visibilità per se stessi, lui esce da una porta laterale e se ne va.
Le giornate scorrono lente, scandite da orari precisi, i giornalisti faticano a trovarvi qualche spunto da dare in pasto all’opinione pubblica. Non c’è niente da svelare, non ci sono scoop né alcuna trovata da social media manager alla Casalino, per intendersi.
Draghi non usa i social network, evidentemente non considera necessario definire identità e ruolo in base alle forme stabilite dalla comunicazione contemporanea. Un modello antiquato? Non sembra. Piuttosto, il ritorno a una rappresentazione istituzionale più seria e in fondo più credibile anche in una società di smanettoni come la nostra, dove i politici inondano la rete di speech, dirette, video, scatti perfino dalla camera da letto, sino ad abusarne e talvolta a farsi espellere (si veda alla voce Trump).
Silenzio e riservatezza sono anch’essi una forma di comunicazione. È come se con Draghi fosse suonata la campanella della ricreazione finita. Guardiamo già agli anni dei governi Conte come ad un passato lontano: le esibizioni di Casalino; le dirette televisive a tarda ora e a reti unificate; le gaffes in Parlamento; gli incontri stradali combinati a favore di telecamera. Tutto questo è già lontano.
Siamo entrati in una fase nuova, dove responsabilità e discrezione sono il tratto caratteristico della comunicazione istituzionale. Finiscono i governi Grande Fratello, dove vengono esposti i personaggi in un contesto di costante visibilità. Si torna a quote più normali. La sera si torna a casa, non si fanno le ore piccole. E la domenica torna a essere domenica, giornata di riposo salvo emergenza imprescindibili. È come se Draghi dicesse agli italiani: se posso passare la domenica in tranquillità portando il cane a passeggio, potete farlo anche voi senza sentirvi sotto stress. C’è un tempo per ogni cosa.
L’incarico proposto da Mattarella a Draghi ha messo sul tavolo europeo una possibilità sino alla settimana scorsa impensabile: contro ogni pregiudizio, e dunque ogni pronostico, oggi l’Italia ha potenzialmente imboccato la strada di una leadership continentale. Lo scrive oggi il Financial Times: Roma può sfruttare il Recovery Plan per correggere i suoi mali atavici con il più grande piano di intervento finanziario congiunto mai messo in campo dai paesi Ue. È fondamentale sapere spendere bene quei fondi. In passato l’Italia non ne è stata quasi mai capace.
È fuor di dubbio che Draghi abbia intenzione di assolvere al mandato affidatogli nel miglior modo possibile. Anche per questo si intuisce in lui un sostanziale distacco dalle beghe dei partiti. Sono i partiti ad avere bisogno di Draghi, non lui di essi.
La luna di miele con il nuovo governo terminerà presto e i partiti favoriti nei sondaggi vorranno tornare a elezioni anticipate. Ciò accadrà esattamente tra un anno, quando con ogni probabilità i partiti si libereranno del premier eleggendolo al Quirinale. Il tempo è dunque poco. Draghi deve fare presto. Il Covid, la vaccinazione, il Recovery: il capo del governo potrà impostare il lavoro in vista dei prossimi anni, decisivi per noi e per l’Europa, solo se avrà accanto un esecutivo snello e collaborativo. Se i partiti comprendessero il senso delle parole di Mattarella, che ha invocato un governo di salvezza nazionale privo di formulazioni politiche, sarebbe anche meglio.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]