La categoria dei pubblici esercizi (come bar, ristoranti e locali pubblici) “è disperata e senza più ossigeno” secondo il presidente della Federazione dei pubblici esercizi (Fipe) di Confcommercio Reggio Fabio Zambelli, che ha sottolineato come “la nascita di nuove forme di aggregazione, a volte un po’ posticce, che hanno incrociato la disperazione di tanti è un fenomeno che mette in evidenza questo fortissimo disagio”.
Bar e ristoranti sono chiusi in tutta Europa, con norme più o meno simili a quelle italiane. Anche il valore dei supporti economici garantiti alle singole imprese, secondo Confcommercio, è analogo a quello degli altri paesi europei; la puntualità nell’erogazione dei contributi – ad eccezione della Germania, che ha garantito subito il 75% del fatturato – ha fatto registrare una media del 35% di pubblici esercizi che non ha ancora ricevuto quanto atteso.
In Italia i sostegni più importanti sono stati i contributi a fondo perduto, i cosiddetti “ristori” (sia quelli statali che quelli integrativi messi in campo dalla Regione Emilia-Romagna), i crediti d’imposta per i canoni di locazione (e altre spese come sanificazione e dispositivi di protezione), la sospensione degli sfratti, il prolungamento degli strumenti di protezione sociale (estensione della cassa integrazione e altre misure di integrazione salariale, estensione delle misure alle microimpresse), le moratorie fiscali, contributive e creditizie (sospensione dei mutui, esenzioni e sospensioni di tributi e contributi Iva, Imu, Irap, Inps, tassa di occupazione del suolo pubblico), garanzia dello Stato e abbattimento dei tassi di interesse sui prestiti.
“Ma occorre fare ancora molto”, ha spiegato Zambelli, “e il sistema Fipe-Confcommercio ci sta lavorando con grande energia”. Nel 2020 per i ristori è stata stanziata una cifra pari a 2,49 miliardi di euro per 300mila imprese: secondo Zambelli “bisogna per lo meno raddoppiare questa cifra”. Per quanto riguarda gli affitti, invece, “occorre prorogare il credito d’imposta e realizzare un’operazione a costo zero con incentivi fiscali ai proprietari delle mura che accettano di ridurre gli affitti almeno del 30%”.
Tra le altre proposte, “serve prolungare la cassa integrazione in tempi certi e non in maniera casuale. I ristori devono essere calcolati sul differenziale di fatturato tra il 2019 e il 2020, le procedure per accedervi devono essere snelle e i tempi di erogazione devono essere rapidi. Infine, ma fondamentale: tutte le politiche di contenimento devono essere definite con sufficiente programmazione”.
Il dialogo con l’amministrazione locale, ha però ammesso Zambelli, “è molto complesso”. L’aumento delle distese, ad esempio, “è avvenuto solo in modo parziale, con una bassa percentuale sul totale delle attività: questo ha generato gravi scompensi tra chi poteva usufruire di una piazza davanti e chi doveva accontentarsi di non poter aumentare la propria distesa”. Sulle distese, dunque, secondo Confcommercio “occorre ricominciare subito a ragionare ed evitare gli errori della scorsa stagione: ad esempio occorre chiudere alcune strade, almeno nel weekend, per agevolare lo spazio, e incentivare la realizzazione di distese”.
Il bando per gli street tutor, i controllori pagati dai singoli esercizi che avrebbero dovuto vigilare sul rispetto delle norme anti-Covid su distanziamento e assembramento, “non è mai stato fatto”; la tassa sui rifiuti, data l’inattività dei pubblici esercizi, “dovrebbe essere sospesa o ridotta, ma al momento abbiamo ottenuto solo un rimpallo di responsabilità tra amministrazione comunale e Iren: si trovino, si parlino e prendano una decisione”, ha chiesto Zambelli.
“Siamo di fronte a una pandemia tragica e i pubblici esercizi stanno svolgendo un lavoro di grande responsabilità. Guardiamo all’evoluzione del vaccino e della cura come unica vera soluzione per tornare alla normalità. Non possiamo però aprire e chiudere a piacimento: servono maggiore programmazione e coinvolgimento da parte del governo, della Regione e delle amministrazioni locali. Non è questo il modo di gestire l’informazione né le modalità di organizzazione del lavoro. È del tutto evidente che non sono i pubblici esercizi i luoghi del contagio, ma vengono visti come uno strumento per spegnere le città e diminuire i movimenti. Non possono essere però solo la ristorazione e l’intrattenimento a pagare il costo economico di questo disastro pandemico”.
Fipe-Confcommercio ha tuttavia preso le distanze “in modo chiaro” da qualsiasi manifestazione “che va contro la legge”, come l’iniziativa #IoApro che ha invitato i proprietari di pubblici esercizi ad aprire comunque i locali nella giornata di venerdì 15 gennaio, promettendo di dare assistenza legale gratuita in caso di sanzioni: per Zambelli “queste manifestazioni lasciano il tempo che trovano e, in più, vanno contro normative a cui nessun legale può opporsi”.
Il presidente reggiano di Fipe-Confcommercio ha infine sottolineato un elemento “che tanti forse sottovalutano: avere informazioni e assistenza adeguate per gestire l’attività, decidere come comportarsi e accedere alle misure di sostegno è molto complicato per un’impresa. Le imprese associate a Confcommercio, o alle altre organizzazioni di rappresentanza, hanno potuto essere supportate in questo senso. Le altre purtroppo hanno certamente incontrato difficoltà ancora più grandi; forse anche insormontabili”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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