La sufficienza con cui il premier Conte ha regolarmente accolto le sempre più intense censure del senatore Renzi pesa molto nella situazione ingarbugliata in cui ora è venuto a trovarsi. Il cosiddetto avvocato del popolo non ha preso sul serio gli attacchi di Renzi sino a che non si è accorto, in colpevole ritardo, che dietro di essi si celavano consensi da parte del Pd e dei Cinquestelle.
Ora, solo ora, ossia in gravissimo ritardo, il capo del governo tenta di uscire dai guai. Gli resta poco tempo e non è ancora chiaro se e come ne uscirà. Avrebbe potuto scegliere la strada dell’appeasement, aprendo un dialogo con Renzi e accoglierne almeno in parte le richieste. Invece ha tenuto duro su tutto, dal Mes ai confusi piani del Recovery Plan, e persino sulla delega a se stesso per il controllo dei servizi segreti.
Mantenendo un profilo arcigno non ha che guidato Renzi, in cerca di visibilità politica, ad alzare sempre più la posta in gioco. In poche settimane la crisi è arrivata al dunque e solo adesso Conte, certo di un favore che va da Mattarella a Travaglio, si dice disponibile a trattare. Ma da solo, cosa può mai trattare senza l’appoggio incondizionato da dem e grillini?
Che l’avvocato pugliese non sia più in grado di dare le carte lo dimostra la stasi a cui ha portato la discussione sul tema del Mes. Lo avevano proposto sia il Pd sia Renzi, ma Conte ha fatto orecchie da mercante ben conoscendo la contrarietà dei 5Stelle.
La linea assunta come metodo dal premier è sempre la stessa: non dice mai con chiarezza né sì né no, esprimendo risposte enigmatiche nella speranza che le domande a cui non viene data risposta si esauriscano da sole e vengano dimenticate. Ovvio che tale logica sia destinata a crollare nel momento in cui i contraenti di maggioranza, Pd in particolare, inizino a sospettare di essere di fronte a un uomo privo di esperienza di governo e di politica, trovatosi per caso a palazzo Chigi e disposto a tutto pur di mantenere il potere.
Tutto indica che il governo Conte bis cadrà entro pochi giorni, o forse addirittura tra poche ore. La situazione può scivolare di mano da un momento all’altro. Renzi può aprire la crisi ritirando dal governo le due ministre di Italia Viva, ma sa benissimo che nemmeno i suoi lo seguirebbero verso una fine anticipata della legislatura. In caso di gestione controllata della crisi si profilerebbe all’orizzonte un governo Conte ter, con ampio ricambio e rafforzamento politico grazie all’ingresso di alcuni big, tra i quali lo stesso Renzi e il segretario dem Zingaretti. Ma Renzi si accontenterebbe di un semplice rimpasto che confermasse “Giuseppi” alla guida dell’esecutivo?
Sullo sfondo, ipotesi suggestiva ma improbabile, rimane la figura di Mario Draghi alla guida di un governo autorevole in Europa e a livello mondiale. Draghi sarebbe probabilmente l’uomo giusto per un’Italia alle prese con l’emergenza pandemica e soprattutto quella economica. Ma non è l’uomo della Provvidenza e per primo lui, constatata nei fatti la non unanimità sulla sua candidatura, difficilmente si direbbe disponibile. E Draghi potrebbe solo accettare di guidare un governo di unità nazionale, centrodestra compreso: scenario irricevibile per l’attuale maggioranza, Renzi a parte.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]