L’Italia è il secondo paese al mondo per morti di Covid in relazione al numero degli abitanti. Lo sgradevole accertamento dipende in parte dalla longevità della popolazione, il che costituisce certamente un aspetto positivo, ma soprattutto dalle carenze dei servizi sanitari territoriali. Riformato più volte negli anni, il sistema non ha funzionato provocando un progressivo distanziamento tra medico di base e numero di pazienti, molti dei quali sono stati privati del principale presidio a cui erano abituati a rivolgersi in caso di necessità.
Qualcuno ricorderà l’antica istituzione del “medico di famiglia”. Se qualcuno si ammalava, chiamava “il dottore” e questi di norma rispondeva, anche attraverso visite a casa. Il medico di famiglia rappresentava una certezza soprattutto per i più anziani, i quali potevano contare su una figura di fiducia nella terra di mezzo tra malattia casalinga e ricovero in ospedale.
Ai tempi attuali, già riuscire a parlare con il proprio medico di riferimento via WhatsApp è quasi un miracolo. Una telefonata è un vero lusso. Non parliamo di visite: in tempi di Covid, si va da remoto.
Ma da remoto non è così semplice perfezionare una diagnosi. A saperlo per primi sono i medici stessi, i quali vedono frustrate le proprie ottime intenzioni da un sistema che non funziona. Chi ci rimette di più sono comunque i malati. Tutte le persone anziane, ci è stato detto, sono a rischio, così come lo sono le persone con gravi malattie pregresse o comunque in corso. Tale verifica diagnostica non è risolvibile tramite un semplice tampone.
Abbiamo anche imparato che i primi giorni dal contagio possono essere decisivi per l’evoluzione della malattia. Attendere troppo tempo, anche solo poche ore, senza ricorrere alle cure può essere fatale. Il problema è il tempo che intercorre tra la diagnosi e l’inizio di cure adeguate.
Le vacanze natalizie in arrivo propongono un quesito di fronte al quale ci siamo trovati più volte nel corso degli ultimi mesi, ossia la scelta per la tutela rigorosa della salute dei nostri anziani, con le relative restrizioni indicate dal governo, oppure la scelta di un Natale tradizionale, con maggiore attenzione a un vissuto felice per nonni e genitori, in considerazione che in fondo l’esistenza potrebbe non riproporre più analoghe occasioni.
È un quesito apparentemente inaccettabile sul piano morale, nel senso che la ragione impone di porre al primo posto la salute nostra e dei nostri cari. Ma nelle scelte pratiche, come ci comporteremo? Chi può rivedere la famiglia d’origine solo durante le festività natalizie dovrebbe astenersi dal farvi visita? Che senso ha vietare i ricongiungimenti familiari quando si tratta di incidere direttamente sulla vita intima di ciascuno?
Ora pare che il premier Conte allenti la presa sul divieto di transito tra un Comune e l’altro. Si tratta di un dietrofront indicato dalla logica. Ma la delicatezza della scelta resta affidata alle singole coscienze di chi abbia in carico una famiglia, i bambini, gli anziani, gli amici più stretti. Per alcuni di noi trascorrere le vacanze in quarantena non è difficile, anzi: si tratta di un’ottima occasione per riposarsi. Per altri invece il Natale in solitudine può essere vissuto come una tragedia. E anche questo va considerato degno del massimo rispetto.
A chi non rinuncerà al pranzo di Natale vanno ricordate le norme fondamentali: niente abbracci, niente baci, niente canti, commensali distanziati a tavola e frequenti cambi d’aria nella sala in cui ci tratteniamo. Per volersi bene a volte bastano occhi e gioia empatica.
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Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]