Vaccini: vietato fare domande

Andrea Crisanti tedx

Una tempesta mediatica si è abbattuta sul microbiologo-virologo Andrea Crisanti, già collaboratore del governatore veneto Luca Zaia durante il primo lockdown, per avere pubblicamente dichiarato che, prima di farsi iniettare un vaccino anti-Covid, vuole attendere risultati scientifici che ne comprovino l’effettiva efficacia.

Si dirà: niente di strano. Chiunque vorrebbe sentirsi sicuro di ciò che sta facendo, prima di sottoporsi alla fatidica iniezione. Tale sicurezza non può che derivare dalla trasparenza con cui il preparato è stato sottoposto a test, suddivisi in più fasi, sperimentato e confezionato non solo nella massima sicurezza ma possibilmente anche nella certezza di risultati favorevoli.

Lo stesso Crisanti ha poi detto di non avere previsto una reazione del genere, dai colleghi ai media, e di avere semplicemente dato una risposta basata sul buonsenso.

Invece alle parole sostanzialmente prudenti di Crisanti ha fatto seguito un’ondata di accuse di lesa maestà del vaccino, qualunque esso sia. Il virologo ha commesso un grave errore, è stato detto, nel mettere in discussione bontà ed efficacia del prodotto che si sta testando negli Usa, nel Regno Unito, in Russia, in Italia. È da irresponsabili, è stato aggiunto, far circolare qualsiasi messaggio dubitativo. Ne consegue che qualsiasi vaccino va considerato sin da ora certamente valido, sicuro, affidabile. Porsi qualche domanda è inaccettabile in considerazione suprema delle aziende farmaceutiche.

Neppure lo sconcertante episodio che ha visto protagonista il Ceo della Pfizer, il quale ha venduto parte delle proprie azioni della multinazionale quotata a Wall Street proprio sull’onda rialzista creata dall’annuncio della validità del vaccino realizzando un guadagno superiore ai cinque milioni di dollari, è stato valutato dai media come un atto assai deplorevole e indicativo della volontà speculativa di certi super manager.

Il passo falso commesso da Crisanti avviene proprio sul terreno della trasparenza. Dunque passo falso non è, almeno nell’interesse dei cittadini, dei malati e dei potenziali futuri contagiati.

I grandi gruppi che collegano le aziende della cosiddetta Big Pharma con le università e i massimi centri di ricerca hanno un enorme potere nell’offrire ai governi le migliori soluzioni possibili per affrontare la pandemia. Il meglio della ricerca medica mondiale si è messa al lavoro per elaborare e produrre nella forma più rapida possibile quel prodotto in grado di far decollare una risposta immunitaria in grado di respingere l’infezione o di renderla di fatto inoffensiva.

Gli interessi in ballo sono tali da non potersi concedere il lusso di fallire. Per questo è già scattato il presidio preventivo delle verità accertate: sebbene Crisanti abbia chiesto di poter verificare l’effettiva validità dei vaccini prima di metterli in circolazione, il sistema di Big Pharma gli si è schierato contro all’unisono. Perfino il ministro della Salute, Roberto Speranza, si è spinto a sostenere l’obbligatorietà del vaccino per tutti, misura dalla quale scaturirà verosimilmente un certo dibattito, stante la presenza di circa il 30% degli italiani non intenzionati a farlo.

Si punterà sul vaccino obbligatorio per cercare di raggiungere la celebre immunità di gregge? Oppure saranno troppi gli italiani disobbedienti? Gli scienziati riusciranno a trovare l’unanimità per offrire ai governi soluzioni accettabili per tutti? È ancora presto per rispondere, perché il vaccino non è ancora arrivato. Nei primi mesi del 2021 la questione sarà sul tavolo del governo e delle diverse istituzioni coinvolte. Siamo certi che non sarà una discussione facile.