Primo inedito per i Lambrusco Brothers: “Mai ali per noi”, metafora suina di un sogno infranto

Lambrusco Brothers ali

“Mai ali per noi” è un gioco di parole, un doppio senso, e anche il titolo del nuovo inedito dei Lambrusco Brothers. Il brano nasce dalla voglia della band di dedicare una canzone all’animale simbolo della propria terra e a cui devono anche il titolo della trasmissione che conducono settimanalmente su Facebook: Radio Nimel (in dialetto reggiano: Radio Maiale).

La band, giovanissima come formazione, un po’ meno anagraficamente, ha poco più di un anno di vita. Reggio Emilia è la loro culla e loro sono quattro personaggi della scena musicale reggiana con il sapore dell’improbabile: Lele Abusiv, cantante e inventore del genere “agripunk”; Armando Bolivar, attore, trafficante di lambrusco e cantante rock per copertura; il Conte, poeta, pittore e cantante di karaoke; dulcis in fundo, il Borko, cantante e altrettanto serio conduttore.

I quattro cominciano il loro percorso conducendo il programma settimanale in diretta streaming, ma il progetto spiega le ali, per l’appunto, raggiungendo un successo inaspettato e valicando i confini della pianura padana: come ci racconta Fausto, il “faccendiere”, intercettato al telefono.

 

Durante il programma in streaming vi esibite in diverse interpretazioni di parodie e di canzoni originali, sia in dialetto emiliano che in italiano. Il successo di queste trasmissioni vi ha portato ad alcune esibizioni live, una tra tutte, quella lungo le strade di Sanremo durante l’edizione del 70° Festival. Come ci si sente, a fiorir di punto in bianco?
Ci si sente vivi. A cinquant’anni suonati non pensavamo neanche di avere questa energia. Siamo noi a crearla: in quattro abbiamo la forza di una mandria e la nostra energia trapela e contagia. Sul web funziona benissimo: ci hanno chiesto di portarla dal vivo e volente o nolente abbiamo dovuto formare la band. Se ti facessi leggere le nostre chat, troveresti materiale per farci uno show comico in prima serata.

“Mai ali per noi” è il vostro singolo di lancio. Spicca subito il nome del produttore: Bronski. Compaesano d’elite. Sono curiosa: come ha reagito quando gli avete proposto la produzione del pezzo?
Non so se sia un gossip, ma Bronski è mio fratello.

Caspita, allora chiamo lui e poi ti richiamo, perché la domanda vera a questo punto è come ci si sente ad essere fratelli di Armando Bolivar.
Ho paura che poi tu non possa trascrivere la risposta. Ci aveva chiesto di rimanere nascosto, ma siamo ingombranti, è difficile passare inosservati, sia per le sembianze fisiche che per lo stile. Colpa mia, che con innata discrezione l’ho infilato nel comunicato stampa; ma ha fatto l’arrangiamento perfetto e non potevo non ringraziarlo. Volevamo uno stile alla Nomadi, anni ’70, con quel sound specifico, e lui c’è riuscito in pieno.

Vi cito: testo, da una parte, spumeggiante e leggero che “si accompagna a tutti i pasti, proprio come il Lambrusco”; dall’altra, profondamente ”leopardiano”, che rema assolutamente in senso contrario all’ineffabile leggerezza. Dove nasce la dicotomia?
È la storia del maiale che è in noi, che vorrebbe spiccare il volo, ma la natura non lo permette. Ci siamo fatti questo viaggio: il maiale è un animale nato per volare, solo che un po’ perché gli hanno fatto le ali piccole e un po’ perché preso dalle cose terrene, si è adattato e alla fine gli è fregato poco di non riuscire a spiccare il volo.

Devi sapere che “Il Conte”, il più poetico dei quattro, fa anche il pittore: è un artista a 360 gradi, realizza copie dei quadri famosi (c’è un Caravaggio bellissimo a casa di Lele da far girar la testa). Un giorno è saltato su e ha detto che il testo che avevamo scritto era profondamente leopardiano, perché finisce sempre che è la forza di gravità a vincere: la metafora della società che ti permette di nascere ma t’incatena alla tua condizione. E ti libererai soltanto il giorno che lo accetterai. Ci è piaciuto e ci siamo buttati a capofitto nel completamento dell’opera; e per mettere le ali ai maiali è bastato comprarle su Amazon.

Avete tutti cognomi altisonanti: ci manca che tu mi dica che anche chi ha diretto il videoclip ufficiale, Manuela Amoroso, è parente della cantante e siamo a posto.
La verità? È una cugina alla lontana.

È stato girato tra le colline di Reggio e vi vede tutti protagonisti, ben corazzati, armati di ali – per l’appunto – nel tentativo di spiccare il volo da una panchina. Il volo, però, come ironicamente suggerite sul finale, se c’è da mangiare non arriva. Com’è nata l’idea?
Durante una grigliata. È partita la battuta e abbiamo cominciato a fare un testo sul maiale. Dal singolare al plurale, poi il colpo di genio: spezzare la parola e scoprire il doppio senso. Poi, complice il vino, siamo finiti a guardare se c’erano le ali su Amazon. Nelle nostre colline ci sono posti incantevoli e hanno attrezzato molti belvedere. Abbiamo trovato il posto che volevamo, con una panchina gigante, alta un metro e venti, da dove si vedono il Cusna e la Valle del Secchia: avremmo voluto dare solo l’impressione di saltare dalla panchina, ma l’idea di romperci una gamba ci ha fatto soprassedere; abbiamo deciso quindi di fare solo finta di spiccare il volo e di buttarci invece nel campo. Anche se avremmo potuto provare, tanto, secondo il testo sarebbe comunque dovuta finire male.

Durante il lockdown avete continuato a condurre “Radio Nimel”, ognuno dalla propria casa, cercando di mantenere inalterata la voglia di divertirvi e di divertire. Non immaginavate che sarebbe stata ancora lunga, probabilmente: l’umore è lo stesso di sempre o siete stufi del confinamento?
Siamo nati pochi mesi prima del lockdown, per cui ci siamo adattati velocemente. Complice la voglia di fare, probabilmente. Siamo un fiume in piena, che non si riesce ad arginare facilmente. Poi è la formazione a darci l’energia giusta: quando uno è scarico, ci sono gli altri tre pronti a tirarlo su. L’ultima puntata l’abbiamo fatta da un bed & breakfast: ci siamo fermati a dormire e a mangiare, mentre “Il Borko” faceva la regia da casa; ma siamo pronti per rientrare in trincea, dopo le ultime normative. Naturalmente cercando di mantenere la stessa carica positiva.

Ci “spoileri” qualche chicca delle prossime puntate? E, discograficamente, avete già in serbo qualcosa per il futuro? Nuovi singoli, un disco?
Abbiamo aggiunto delle nuove rubriche. Ogni mese affrontiamo cantanti emiliani che nel loro percorso artistico abbiano lavorato con il dialetto, o inserito del dialetto nel loro brani originali. A ottobre abbiamo fatto Mingardi, nella prossima puntata analizzeremo Bertoli, poi faremo tutti gli altri. Tutti son partiti, o hanno messo una zampina nel dialetto. È una bellissima cosa: noi lo facciamo per divertimento, ma è anche interessante.

Sul fronte dei progetti, invece, oltre alla cover di “Guantanamera” – idea del Conte che nella vita vera fa il carpentiere e che ha quindi scritto la parodia “Quanta lamera” – stiamo lavorando su un pezzo d’amore che ha scritto Lele. Ebbene sì, preparatevi ragazzi, il prossimo sarà un brano d’amore, anche se fatto – naturalmente – alla Lambrusco Brothers.

Non ci rimane che attendere. Nel frattempo, salutami tuo fratello.
Se mi vorrà rivedere, volentieri.