È «una storia di coraggio», come l’ha definita Annalisa Rabitti, assessora alla Cultura e Pari opportunità del Comune di Reggio Emilia, la vicenda che racconta il libro di Federica Seneghini “Giovinette, le calciatrici che sfidarono il Duce”, presentato il 9 ottobre scorso nella sala civica della Polveriera a Reggio Emilia. La serata, condotta dal direttore Nicola Fangareggi, ha visto la partecipazione, oltre dell’assessora e dell’autrice, di Milena Bertolini, Ct della Nazionale italiana femminile di calcio, e di Marco Giani, autore del saggio sul calcio femminile contenuto nel volume.
Sollecitati dalle domande di Fangareggi, gli ospiti hanno affrontato, secondo le proprie esperienze e competenze, i temi raccontati nel romanzo della giornalista del Corriere della Sera. Dalle parole di Milena Bertolini, il pubblico, composto da uomini e donne, ha potuto constatare che quando si fa storia, almeno in questo caso, si fa sempre storia del presente.
In che senso? I pregiudizi culturali verso le donne calciatrici sono duri a morire. Gli enormi ostacoli che hanno dovuto affrontare le “giovinette” che sfidarono Mussolini per correre dietro un pallone, sono gli stessi che fino a poco tempo fa – ma non si creda però che la questione sia stata superata del tutto – si sono trovati davanti le donne calciatrici di oggi. Per rimuovere i pregiudizi culturali ci vuole tempo, ha rilevato Milena Bertolini, nel suo intenso e appassionato intervento. E come hanno confermato Seneghini e Giani intervenendo a loro volta. Siamo ancora lì, al calcio che «non è uno sport per signorine», come affermò Guido Ara, centrocampista della Pro Vercelli nei primi decenni del secolo scorso. Prova ne sia il fatto che l’autrice ha utilizzato nei dialoghi del suo libro delle frasi colte oggi.
E di quanto sia stato difficoltoso arrivare al successo dei mondiali francesi del calcio femminile dell’anno scorso. Bertolini ha ricordato quando nei campi di Roncocesi (Reggio Emilia), per potersi allenare in notturna loro, giovani calciatrici, erano costrette ad accendere i fari delle loro auto, perché i riflettori del rettangolo di gioco venivano spenti al termine degli allenamenti dei loro colleghi calciatori.
Il calcio, allora, può essere un fattore di emancipazione? «Sì, ha risposto, ancora la Ct della Nazionale italiana femminile di calcio, ho visto nelle ragazze, non solo al mondiale, maggior determinazione, spirito indipendente e la consapevolezza dei loro diritti di atlete».
In questi mesi, il calcio femminile in Italia si sta avviando, dice Bertolini, verso il professionismo, vietato fino ad ora. Il ministro per lo Sport Spadafora sta preparando, infatti, il disegno di legge delega di riforma, che dovrebbe essere presentato a gennaio 2021.
Il libro di Seneghini, quindi, raccontando la storia di donne che amavano il calcio nell’Italia fascista ha rimesso al centro del dibattito culturale, nell’Italia del XXI secolo, il tema del ruolo femminile nello sport, che riflette inevitabilmente quello sociale.
Il pubblico, uscendo dalla sala, ha potuto cogliere in pieno le tante difficoltà che le donne calciatrici devono ancora affronare, ma ha anche potuto registrare il fatto che dei passi avanti sono stati compiuti.
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