In contemporanea con la lettera con la quale il procuratore capo di Reggio Marco Mescolini ha rotto il silenzio sulla vicenda riguardante il lungo scambio di messaggi via WhatsApp intercorso nel 2018 con Luca Palamara, l’ex consigliere del Csm che oggi è indagato a Perugia per corruzione (secondo l’accusa avrebbe esercitato pressioni relative alle nomine dei vertici di alcuni uffici giudiziari italiani), Fratelli d’Italia è tornata all’attacco riaccendendo la polemica con il deputato emiliano Tommaso Foti.
“Al di là della rilevanza o meno penale di certi fatti, non si può attendere oltre: il Consiglio superiore della magistratura, nella sua autonomia, deve pronunciarsi sulle vicende allo stesso note. Così pure è per il ministro della giustizia, portacolori dei 5 Stelle, anche se molti di loro fingono di dimenticarsene”.
“A Marco Eboli, coordinatore comunale di Fratelli d’Italia a Reggio, va il merito di aver posto con parole chiare all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda riguardante la nomina di Mescolini, in particolare sulle pressioni esercitate su Palamara perché essa si concretizzasse”.
“Una battaglia trasparente, quella intrapresa da Eboli”, secondo il parlamentare di Fratelli d’Italia, “cui fa da contraltare il pilatesco atteggiamento assunto fino ad oggi dal ministro Bonafede. È tuttavia ora che da via Arenula si batta un colpo: dalla vicenda emerge, infatti, un sistema di malagestione della magistratura di fronte al quale le istituzioni hanno il dovere di reagire senza ulteriore indugio. A meno che Bonafede non preferisca ancora il silenzio, all’evidenza a lui molto caro, atteso che nulla ha ancora risposto alla mia interrogazione di un anno fa con la quale gli chiedevo di valutare di disporre un’ispezione alla procura di Reggio Emilia”.
Un silenzio che, tuttavia, secondo il deputato Foti “Bonafede deve oggi rompere di fronte alla pubblicazione di alcuni messaggi che si sarebbero scambiati Palamara e il procuratore della Repubblica di Reggio Emilia in carica, il contenuto dei quali non può che destare legittimo sbigottimento e profonda preoccupazione, soprattutto in considerazione di alcune affermazioni criptiche che gli interessati hanno il dovere di chiarire”.
“Anziché concorrere all’interpretazione del pensiero del procuratore di Reggio, ritengo che si debba chiedere a quest’ultimo di chiarire formalmente e pubblicamente (il che ad oggi non è stato fatto) non solo perché gli fosse così cara la nomina, poi conseguita, caldamente sollecitata a Palamara, ma anche e sopratutto perché la stessa, a suo dire, sarebbe servita. Non è dato di sapere, infatti, a chi e per che cosa”.
Per Foti la nota diffusa da Mescolini per difendersi “non è per niente esaustiva e non sgombra il campo dalle molteplici interpretazioni di questi giorni. È invece necessario che il procuratore faccia conoscere a tutti, e non solo all’organo di autotutela della magistratura, il reale significato e le ragioni delle parole che ha utilizzato. Se invece il procuratore ritiene di doversi trincerare dietro alla non risposta diffusa, e ciò per ragioni a noi mortali del tutto incomprensibili, allora è necessario che si valuti la sua destinazione a un altro ufficio. Ma lo si faccia subito, atteso che il ruolo ricoperto impone al titolare di essere sempre e comunque al di sopra di ogni sospetto”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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