È interamente curato dal reggiano Giovanni Teneggi, direttore di Confcooperative Reggio, il capitolo dedicato alla cooperazione all’interno del “Manifesto per riabitare l’Italia” edito da Donzelli.
In 272 pagine, a cura di Domenico Cermosino e Carmine Donzelli, il libro raccoglie analisi e proposte di economisti, sociologi, docenti universitari, ricercatori e imprenditori su come rimettere in moto uno sviluppo che superi le criticità generate da una concentrazione massiccia di residenze e attività produttive, ma anche di servizi, nelle aree metropolitane, mentre tanta parte dei territori è scivolata in forme di marginalità che hanno ripercussioni profonde in termini demografici, abitativi ed economici.
Nel “Manifesto per riabitare l’Italia” sono contenute e approfondite ventotto parole chiave (da abbandoni a disuguaglianze, fino a comunità, resilienza, migranti, cambiamento climatico, etc.) considerate come un “alfabeto ideale”, ma anche una “cassetta per gli attrezzi” per poter tornare a un’immagine aggregata del paese, delle tante Italie che da una parte sono svuotate e dall’altra non reggono più ai fenomeni di concentrazione avvenuti nei decenni.
“Sono fenomeni – ha spiegato Teneggi – che abbiamo vissuto e stiamo vivendo anche nella nostra realtà locale, con due impatti altrettanto pesanti: da una parte con un sistema urbano che rischia di collassare in termini di viabilità, inquinamento e concentrazione di servizi sempre più difficilmente accessibili da parte della popolazione che vive nelle aree periferiche del territorio, e dall’altra con ampie aree che si svuotano di abitanti, di attività produttive e di servizi, disperdendo risorse, esperienze e competenze al punto tale che di questi territori ci si deve poi occupare come problema e non come parte integrante di percorsi di sviluppo diffuso, più equi in termini di opportunità per tutti e certamente più sostenibili”.
“In questo alfabeto proposto da Donzelli – ha aggiunto Teneggi – la parola cooperazione è fondamentale: lo è come principio, perché si propone come modello in cui le forze e le risorse non confliggono, ma si integrano, e lo è come forma d’impresa, laddove è scelta e partecipata da persone e comunità che si riappropriano di percorsi che portano alla crescita senza mitizzarla, ma come condizione per vivere, abitare, lavorare”.
Questo, osserva Teneggi, “vale tanto nelle aree più distanti dai centri urbani quanto nelle periferie e in altre aree delle città, ormai svuotate di funzioni che sono andate a concentrarsi altrove con ripercussioni pesanti sulle piccole attività imprenditoriali dell’artigianato, del turismo e del commercio di vicinato, riscoperti in parte nella fase più drammatica del Covid, quando la prossimità è ritornata – forzatamente – a rappresentare un valore straordinario”.
Lo stesso libro di Donzelli fa riferimento alla pandemia di nuovo coronavirus, che ha mostrato i limiti di centri urbani trasformati, nel tempo, da “centri direzionali” riconosciuti da tutte le aree territoriali a unici cuori pulsanti in termini produttivi e anche sanitari, in grave difficoltà a reggere allo shock Covid-19: “Questa drammatica emergenza – ha concluso Teneggi – ha mostrato a tutti ciò che già era presente, cioè uno sviluppo squilibrato che priva di opportunità e impoverisce chi ne resta ai margini, ma incide negativamente anche sulla vita di chi ne è al centro”.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]