Lo straniero che abita dentro di noi

lennon

Lo straniero è una figura centrale fin dalle origini del mondo occidentale, tanto che i greci lasciavano uno spazio sugli altari per le divinità straniere, accanto a quello per le loro divinità.

Lasciare lo spazio alla divinità straniera, allo straniero significa aprirsi al nuovo. Una società che non è aperta nei confronti dello straniero è destinata a morire, poiché l’identità si nutre dell’altro per poter affermare se stessa. Nel momento in cui non abbiamo termini di paragone siamo destinati a rimanere senza definizione, neppure lo specchio rimanda l’immagine vera di chi siamo, ci rimanda un’immagine altra. Abbiamo continuamente bisogno degli altri per poter avere un rimando di chi siamo. Ciò avviene fin dal ventre materno, nel rapporto del feto con la madre, poi del neonato con la madre, con il seno della madre. Per la prima volta il neonato, con la percezione del capezzolo della madre nella bocca, fa esperienza del pieno e del vuoto.

Come ci ha insegnato in modo magistrale Melanie Klein, il neonato fa la prima esperienza di esterno, di altro nel momento in cui sente il vuoto che si crea senza il capezzolo in bocca.


Un popolo che evita il confronto con lo straniero, con l’altro è destinato a morire, un popolo che mira alla razza pura è destinato a generare mostri e sterilità: la storia in ciò è stata maestra, basta ad esempio pensare agli orrori del nazismo.

La vita avviene nel continuo scambio. Pensiamo al cibo: esso è qualcosa di estraneo, di altro, che una volta inglobato diventa parte dell’organismo. Noi siamo ciò che mangiamo e veniamo determinati quindi da qualcosa di esterno.

Nei confronti dello straniero, del diverso possiamo decidere di fare la guerra e salvaguardare la nostra identità oppure possiamo decidere che fa parte di noi.
Per osservare questo fenomeno possiamo avvalerci degli studi di Wilfred Ruprecht Bion, psichiatra in ambito militare ed inventore della psicologia di gruppo: fu il primo ad analizzare i gruppi come fossero degli esseri viventi.

Divise i gruppi in due grandi categorie: “Attacco-Fuga”, “Accoppiamento-Dipendenza”.
La prima categoria è rappresentata dalle tecniche di sussistenza dell’esercito, ovvero per mantenere la propria identità un gruppo attacca per imporre e sottomettere l’avversario, oppure nella mancanza di risorse per l’attacco scappa. L’accoppiamento invece è proprio di gruppi che Bion ha identificato con l’aristocrazia, che si trovano ed organizzano fra loro e grazie al legame instaurato creano l’identità. La “Dipendenza” viene invece identificata da Bion in ambito religioso, il gruppo cioè dipende fideisticamente da un’autorità religiosa.

È possibile osservare i gruppi come organismi viventi e vedere quali strategie di sopravvivenza esercitano per salvaguardare l’identità.
In questo periodo storico sono visibili, relativamente a diversi fenomeni, atteggiamenti di attacco-fuga. Pensiamo ad esempio al virus Covid 19 considerato come un nemico da combattere, oppure a ciò che sta capitando al di là dell’Oceano negli Stati Uniti fra bianchi e neri, oppure alla persecuzione nei confronti di stranieri che raggiungono il nostro Paese, magari in fuga dalla guerra.

E’ rasserenante che secondo la teoria di Bion ciò che è visibile in modo manifesto è destinato a scomparire e sta preparando il terreno ad una nuova modalità, quindi alla fase di attacco-fuga segue una fase di accoppiamento-dipendenza.

E se l’umanità a breve iniziasse a conoscere un epoca di condivisione e fratellanza invece che una di dipendenza? “Immaginate che non ci siano patrie. Non è difficile farlo. Nulla per cui uccidere o morire”, una realtà descritta in modo visionario nella canzone Imagine di John Lennon.


Tutte le volte in cui escludiamo lo straniero ci stiamo in realtà difendendo dalla possibilità che qualcosa di esterno ci determini, ma così facendo rinunciamo ad un a parte di noi.

Gli opposti continuano infatti ad esistere nel nostro mondo e dal momento che escludiamo qualcuno il nostro cerchio identitario si riduce sempre più. La realtà è infatti formata da eterni opposti ed anche nell’intimo saremo in grado di escludere parti di noi. Proviamo a pensare a parti del nostro corpo che non ci piacciono, come ad esempio un naso troppo lungo, o ai segni dell’invecchiamento. Tanto più escludiamo esternamente tanto più escluderemo internamente.

E se lo straniero avesse la funzione di specchio per vedere parti di noi che non accettiamo o che non siamo in grado di vedere?




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