Parliamo ancora di ecologia. I tempi lo richiedono, come richiederebbero altre cose; ma, come ci ha insegnato l’ultimo degli Orazi, è meglio affrontare le questioni una alla volta.
C’è un filo, anzi una fune, che lega il romanzo di Arpaia con il saggio di Mancuso, recensito alcune settimane fa. Se “La nazione delle piante” ci avverte che se andiamo avanti così andremo a sbattere, e molto presto, “Qualcosa, là fuori” ci racconta il possibile poi, il rovente futuro dopo la catastrofe.
È un romanzo distopico (un’utopia negativa). Il surriscaldamento del clima terrestre, dovuto alla sconsiderata attività umana, ha sconvolto la vita del pianeta. Il sud del mondo, Italia ed Europa continentale comprese, è diventato una landa desertica, inabitabile.
Migrazioni bibliche verso il nord Europa, dove ancora è possibile vivere (quasi) nella normalità. Napoli, dove abita Livio, il protagonista della storia, è divenuta luogo di scontri tra cristiani e musulmani “invasori”. Anche se alla fine, come scrive l’autore, la città partenopea riesce sempre a trovare un compromesso, nonostante tutto.
Chi ha i soldi può intraprendere una lunga marcia – protetto dalle guardie armate della TransHope, una compagnia quotata in Borsa specializzata in questo tipo di operazioni più o meno clandestine – per arrivare in Scandinavia, dove la vita è ancora possibile. Livio intraprende il viaggio. Il racconto rimbalza tra il presente e il passato, quando la vita era normale e Livio aveva una compagna, un lavoro e un figlio, degli amici. Poi tutto precipita.
Non è un romanzo originale. Mentre lo leggevo, mi martellava nella mente una domanda: me ne ricorda un altro. In “Qualcosa, là fuori”, penso, si riflette un’altra storia, solo che in essa, anziché in un mondo bollente, i personaggi si muovono in un mondo gelido.
Non dico questo per inutile pedanteria. Alla fine, infatti, Arpaia cita tutti suoi ispiratori, e tra questi c’è anche Cormac McCarthy, autore de “La strada”. Ma ci sono anche altri scrittori e ci sono diversi scienziati a cui è debitore lo scrittore napoletano. A uno di questi ultimi, come confessa Arpaia, ha “rubato” il titolo, un omaggio postumo a Enrico Bellone.
Allora. Il libro ve lo consiglio senz’altro, ma con un suggerimento: leggete, prima di iniziare la lettura, l’avvertenza finale. Solo così avrete comprensione per una scrittura un po’ fiacca e una storia didascalica; e allo stesso tempo sarete grati all’autore per aver reso accessibile a tutti alcuni temi scientifici che altrimenti solo gli specialisti conoscono. E invece tutti noi dovremmo conoscere.
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Bruno Arpaia, Qualcosa, là fuori, Guanda, Milano 2016, pp. 220, 12 euro
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia.
Colonna sonora
John Carpenter, In the Mouth of Madness
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]