Reggio, maestra scomparsa. I legali: i genitori hanno agito correttamente. Giustizia celere, non sommaria

tribunale

Scrivono in nota (qui sotto pubblicata integralmente) gli avvocati Marco Fornaciari e Marcello Fornaciari in replica alla lettera aperta di Serena Foracchia sulla vicenda della maestra Lucia Levrini, per tutti Vanna, 57 anni, spirata lunedì, stroncata da un malore poco prima del processo nel quale era imputata per presunti maltrattamenti ad alcuni bambini.

“Egregio direttore,
con riferimento con riferimento all’articolo comparso oggi sul quotidiano online da lei diretto, prendiamo atto che la genitrice di una bambina, Serena Foracchia, che si qualifica ex (!) assessore comunale (non è dato capire con quale delega dal sindaco) riferisce che, pur avendo la stessa partecipato a tutte le convocazioni indette all’inizio di questa vicenda dalla direzione dell’asilo (frequentato dalla figlia) ove prestava l’attività di insegnante la maestra Lucia Levrini (detta Vanna), non aveva potuto prendere posizione, né aveva potuto parlare lasciando così isolata la maestra nell’affrontare l’accusa pesantissima per il ruolo che ricopriva.

Ora invece prende posizione per difendere la maestra defunta, dopo avere ridimensionato le parole, l’irruenza delle emozioni e degli impulsi di allora.

Lo stato finale è un mea culpa, con un commento che si potrebbe tranquillamente definire giornalisticamente: lacrime di coccodrillo.
Proprio per il ruolo che ricopriva e che rivendicava, doveva, quale genitrice di una bambina che frequentava la stessa scuola, dare atto delle grandi qualità della maestra e quindi contrastare le immaginifiche accuse che 8 famiglie (e quindi 16 genitori) avevano esternato all’autorità giudiziaria con un esposto corredato di documentazione medica (in parte ospedaliera) da cui emergevano lesioni ed altro ai danni dei figli minori.

L’esposto era stato presentato al comando locale dei carabinieri, senza avere preventivamente interpellato alcun avvocato.
Le indagini avevano poi portato alla formazione di un fascicolo, documentato da fotografie, certificazioni, video, intercettazioni ambientali, che era stato trasmesso alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia.

Sulla base di queste prove, l’autorità giudiziaria era intervenuta ed aveva ritenuto le suddette prove talmente evidenti da disporre nei confronti della maestra il rinvio a giudizio con rito immediato.

Il gip aveva altresì disposto, come misura cautelare, la sospensione dal servizio della maestra per un certo periodo. La scuola, poi, anche dopo la scadenza della misura cautelare, aveva prorogato, sua sponte, detta sospensione dal servizio.
Questi i fatti.

La prima effettiva udienza del processo era fissata per il 6 novembre 2019.
Oggi si parla di bravissima maestra che aveva ricevuto attestati di stima da tutti, veniva qualificata la più esperta, quando lo stesso Ente scolastico ne aveva disposto, ripetesi, la sospensione dal servizio, anche dopo la decadenza della misura cautelare fissata dal giudice.
Non si possono dunque, dal punto di vista umano, attribuire, anche solo indirettamente, responsabilità ai genitori dei bambini che avevano correttamente ritenuto di denunciare quanto occorso ai propri figli (esercitando con ciò un diritto costituzionalmente garantito a ogni cittadino), in ragione delle ripercussioni psicologiche che erano derivate ai piccoli.

Non si possono attribuire colpe alla giustizia, che in questo caso è stata celere e non certo sommaria.
La causa penale ha avuto questo triste epilogo, ma la documentazione e le prove sono rimaste nel fascicolo e potranno dunque essere valutate in sede civile, ai fini del risarcimento del danno a carico dello stesso Ente, che, da quanto sembra emergere dalla nota dell’ex assessore, non avrebbe adeguatamente tutelato la maestra”.