Al processo Aemilia sulle infiltrazioni della ‘nadrangheta in regione martedì è toccato al pentito Vincenzo Marino deporre in videoconferenza da un luogo segreto.
Il collaboratore di giustizia ha raccontanto fatti inquietanti sulle trame ordite dalla delinquenza organizzata a Reggio Emilia: "Io ero il ministro della difesa della ‘ndrangheta – ha detto – e mi sedevo al tavolo per decidere della vita o della morte delle persone".
E continua: le cosche facevano i soldi con tutto, "anche con gli appalti pubblici. C’era anche un assessore: o di Reggio o di un paese vicino. Non ricordo. Ma serviva una firma per il piano regolatore… Così Bonaventura mi disse: che problema c’è: se non la mette lo ammazziamo e ne metiamo un altro".
Vincenzo Marino, che è un parente del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, si offri’ personalmente di svolgere l’incarico. Dalla sua deposizione di questa mattina in aula emergono poi altri due episodi a tinte fosche. Marino riferisce di un incontro in un capannone di Gualtieri per parlare di “un giornalista che dava fastidio. Dovevamo sistemare questo giornalista se avesse ancora rotto le scatole”, spiega il pentito, pur non ricordando il nome del cronista.
“A Reggio Emilia c’era un vero e proprio corpo di ‘ndrina distaccato; una Famiglia che dal 2000 al 2006 disponeva di talmente tanto denaro che poteva dare fastidio al pil italiano. I soldi venivano ammucchiati come balle di fieno, arrivavano giù a Cutro con i camion per i mobili”. Dice ancora ancora Vincenzo Marino, detto "Nano". Come scrive Paolo Bonacini su "il Fatto Quotidiano" Marino no ha vissuto a Reggio Emilia, ma quando arrivava entrava nelle case degli uomini della consorteria perché “era casa mia, perché dove erano i Grande Aracri ero io, perché ero passato di grado nella Maggiore e chi è a quel livello nella ‘ndrangheta decide della vita e della morte degli altri. L’ultima parola era la nostra signor giudice, e io nella famiglia Grande Aracri ero il ministro della Difesa”.
E ancora: Il “capo società”, padrone assoluto della ‘ndrina, conferma il collaboratore, era Nicolino Grande Aracri detto Mano di Gomma, definito “un vero giocatore di Serie A, con un cervello che vale dieci dei nostri”. Poi il capo a Reggio Emilia chiamato “il Contabile”. E’ Nicolino Sarcone, l’unico oltre ai fratelli di Grande Aracri col quale si intratteneva Marino quando saliva al nord: “Perché io parlo solo con gli squali, non con le alici”.
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Ma i commercianti vorrebbero lavorare tutto l' anno...o no?
ok emilia allora è solo per il salvataggio del natale? non capisco bene cosa mi contesti... ripeto e concludo per non far diventare questi sproloqui […]
ho la quasi certezza che se un reggiano autocnono, prova anche solo a reagire come fanno spessissimo questi nostri nuovi amatissimi e alacri cittadini italiani,