Giovedì scorso a Palazzo Chigi, con la fumata nera esito della riunione del tavolo appositamente convocato, si è arenato il dossier sull’autonomia regionale differenziata, richiesta dall’Emilia-Romagna e da altre regioni italiane (con in prima linea Lombardia e Veneto), a causa dello strappo tra i due alleati di governo, il Movimento 5 Stelle e la Lega, che ha messo in evidenza posizioni apparentemente inconciliabili su alcuni punti della riforma.
L’ennesimo stop ha irritato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che rivolgendosi direttamente al presidente del consiglio Giuseppe Conte ha consigliato di ripartire proprio dalla proposta presentata dalla Regione Emilia-Romagna. “Il governo prenda il nostro progetto come base per una proposta che coinvolga tutte le Regioni. Lo diciamo senza arroganza, ma nella convinzione di aver avanzato un’idea che non divide il Paese – a partire dal sistema scolastico che, lo ribadisco, è e deve restare nazionale – ma che, al contrario, consenta a tutti di crescere e fare un passo avanti”.
Il progetto di autonomia dell’Emilia-Romagna, secondo Bonaccini, “non può rimanere vittima del braccio di ferro tra le due forze di maggioranza. Né può essere assimilato a quello avanzato da altre Regioni. Dire no alla nostra proposta come fosse un tutt’uno con le altre è inaccettabile. Noi rivendichiamo la specificità del nostro progetto, il suo equilibrio e la sua riproducibilità per l’intero sistema delle Regioni”.
Esemplare, secondo Bonaccini, è il caso della scuola, uno dei nodi cruciali che hanno fatto saltare l’accordo nel governo: “Da mesi assistiamo a una discussione totalmente decontestualizzata. Da un lato c’è chi invoca la regionalizzazione del sistema scolastico, dall’altro chi ci spiega che viviamo nel migliore dei mondi possibili. L’Emilia-Romagna non chiede in alcun modo una scuola regionale. Per noi la scuola è e deve continuare a essere un sistema nazionale, che vive dell’autonomia riconosciuta agli istituti e del libero insegnamento dei docenti”.
“Vogliamo però – ha aggiunto il presidente della Regione – migliorare le cose, far crescere la qualità del sistema scolastico nazionale, a beneficio di chi vi studia, di chi vi lavora, delle famiglie. Il valore imprescindibile di un sistema di istruzione nazionale non si è esaurito nel tempo, ma trova oggi, casomai, una ragione in più nella complessità sociale che viviamo. Ed è proprio per questo che l’Emilia-Romagna non chiede di poter reclutare autonomamente gli insegnanti, né chiede di remunerarli con un contratto regionale. Non chiediamo neppure il trasferimento dell’Ufficio scolastico regionale: non una sola unità di personale, nel nostro progetto, dovrà transitare dallo Stato alla Regione”.
Viceversa, l’Emilia-Romagna ha chiesto alcune cose ritenute essenziali: la prima è la possibilità di programmare gli organici degli insegnanti, d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale, “perché riteniamo di conoscere meglio dello Stato gli andamenti demografici e i fabbisogni del nostro territorio. Chiediamo poi di poter organizzare un più forte sistema integrato di istruzione e formazione professionale, con risorse certe e stabili nel tempo, oltre ad avere gli strumenti per potenziare l’offerta di istruzione tecnica, cruciale per un sistema manifatturiero avanzato come il nostro”. La terza richiesta, infine, è quella di “poter gestire in autonomia, insieme a Comuni e Province, l’edilizia scolastica”.
“Dovrebbe essere chiaro a tutti – ha sottolineato Bonaccini – che il nostro progetto non incrina in alcun modo il sistema nazionale d’istruzione, né interferisce minimamente con lo status, la contrattualizzazione e la remunerazione degli insegnanti. Vogliamo evitare, ad esempio, che ogni anno a settembre molti ragazzi debbano iniziare l’anno scolastico senza avere da subito i propri insegnanti. Vogliamo fare di più e meglio sulla messa in sicurezza e l’ammodernamento degli edifici scolastici, così come abbiamo fatto in una circostanza seppur drammatica come la ricostruzione delle scuole dopo il sisma del 2012, quando qui non venne perso un solo giorno di lezione”.
“Il nostro progetto – ha concluso Bonaccini – regge benissimo di fronte alle legittime preoccupazioni espresse da più parti sulle altre proposte di autonomia differenziata. Il governo ci risponda quindi sulle nostre proposte e non su quelle di altri. Un progetto, il nostro, fin dall’inizio condiviso con tutte le parti sociali, che ha in sé le soluzioni sulle questioni rivelatesi più divisive nel dibattito nazionale. Il governo ne faccia dunque la base di partenza per un processo di autonomia e responsabilizzazione che coinvolga tutte le Regioni”.
L’applicazione del regionalismo differenziato, secondo il settimo rapporto dell’Osservatorio economico delle Cna dell’Emilia-Romagna, della Lombardia e del Veneto, comporterebbe un incremento dei bilanci di 9,9 miliardi di euro complessivi – tra spesa diretta e fondi agli enti locali – per le tre Regioni interessate: 6,4 miliardi per la Lombardia, 3,3 miliardi per il Veneto e 136 milioni per l’Emilia-Romagna. A seguito dell’attuazione dell’autonomia, la crescita sarebbe del 22%, anche se in Emilia-Romagna non si avrebbe un aumento significativo poiché gran parte delle richieste sono collegate alla regionalizzazione dei trasferimenti statali. Gli effetti sarebbero invece maggiormente apprezzabili in Lombardia (+27%) e Veneto (+29%).
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Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]