Crif e Nomisma hanno realizzato per Confindustria Emilia un’indagine dettagliata sulle filiere produttive presenti nei 126 Comuni del territorio di competenza nelle province di Bologna, Ferrara e Modena in cui opera l’associazione.
Confindustria Emilia ha rimodulato la propria governance politica e di rappresentanza associativa sul nuovo schema organizzativo strutturato sulla base delle 20 filiere individuate nello studio: agroalimentare, automotive, carta e stampa, chimica e farmaceutica, costruzioni e infrastrutture, digital, elettronica e meccatronica, energia, facilities, home, macchine, mobilità e logistica, moda e lusso, packaging, plastica, metalli, salute, servizi professionali, turismo e cultura, veicoli industriali.
Nelle tre province emiliane lo studio ha individuato un totale di 2.388 imprese (società di capitali) con fatturato superiore a 100mila euro appartenenti alla filiera dell’agroalimentare (il 4,2% della filiera Italia): il 33,5% appartiene all’anello della distribuzione, il 29,3% ai servizi, il 16,4% alla trasformazione, l’11,8% al supporto e solo l’8,98% alle materie prime, percentuali che poco si discostano dalle medie nazionali.
In Italia (prese in considerazione tutte le società di capitali, le società di persone e le ditte individuali) appartengono alla filiera agroalimentare 1.286.132 imprese, che differiscono per composizione in modo sostanziale rispetto al contesto che considera solo le società di capitali: il 40,7% si trova nell’anello delle materie prime, e solo il 5,4% in quello della trasformazione. La distribuzione si riduce al 26,9% del totale, i servizi al 24%.
Gli addetti delle aziende con più di 100mila euro di fatturato nelle province di Bologna, Ferrara e Modena sono 69.183 e rappresentano il 6,1% della filiera Italia.
A livello di fatturato, non sussistono differenze significative tra le tre province e il quadro nazionale: diversamente, per quanto riguarda gli utili, su scala nazionale si nota una maggiore incidenza delle aziende attive nella distribuzione (il 40,27%, contro il 23,07% nelle tre province emiliane) e una percentuale più bassa nell’anello della trasformazione (il 34,35% in Italia, contro il 45,08% delle province di Bologna, Modena e Ferrara, per le quali questo anello è il più produttivo).
L’incidenza della filiera agroalimentare – intesa come il rapporto percentuale tra il numero di addetti della filiera in regione e il numero totale di addetti in regione – in Emilia-Romagna si attesta al 19,3%, mentre a livello nazionale è in media pari al 13,5%.
Il peso della filiera, calcolato come il rapporto percentuale tra il numero di addetti della filiera agroalimentare in regione e il numero totale di addetti nella filiera in Italia, registra un 85% di addetti concentrato in Lombardia (23,6%), Emilia-Romagna (13,7%), Veneto (12,2%), Lazio (7,6%), Piemonte (6,9%), Toscana (5,9%), Campania (5,7%), Puglia (4,8%) e Sicilia (4,4%).
Le performance della filiera agroalimentare sono in linea con quelle nazionali e risultano in miglioramento. In particolare il tasso di crescita degli anelli materie prime e trasformazione mostra i valori più alti: in Italia l’utile del 2016 rispetto a quello del 2015 è cresciuto dell’11,6% nell’anello delle materie prime e del 9,3% nell’anello della trasformazione, accompagnato da un tasso di crescita annuo del fatturato pari al 3,22%. Nelle province di Bologna, Ferrara e Modena, invece, il tasso di crescita annuo del fatturato del comparto agroalimentare nel 2016 ha superato il 4%.
In termini di margine operativo lordo, la filiera a livello nazionale ha raggiunto il 5% nel 2016, mentre le province di Bologna, Ferrara e Modena hanno registrato una migliore performance raggiungendo il 5,6%. L’anello della filiera con la marginalità più alta a livello nazionale è risultato essere quello delle materie prime, che nel 2016 ha fatto registrare una marginalità del 9,4%.
Per quanto riguarda l’export, le performance delle tre province emiliane sono risultate leggermente meno virtuose rispetto ai risultati della regione Emilia-Romagna: le imprese esportatrici nel comparto agroalimentare a Bologna, Modena e Ferrara rappresentano infatti il 23,1% delle imprese della filiera, contro il 25,3% a livello regionale. Il peso dell’export nella filiera (ovvero il rapporto tra l’export e il fatturato di filiera) è del 11,7% nelle tre province emiliane, contro il 13,1% del totale dell’Emilia-Romagna.
All’interno della filiera agroalimentare, il cui fatturato mediano è pari a 815mila euro, si nota una prevalente presenza di imprese di piccola dimensione: la classe di fatturato più rappresentata è infatti quella delle aziende (20.566 unità) con meno di 500mila euro di fatturato. Analizzando le performance degli anelli, quello della trasformazione ha fatto evidenziare il fatturato mediano più alto (1,5 milioni di euro), mentre quello dei servizi il fatturato mediano più basso (439mila euro).
Rispetto al fatturato, i costi che incidono maggiormente in tutti gli anelli della filiera sono quelli che si riferiscono alle materie prime, che nelle province in esame superano il 40%. Inoltre, in Italia, l’anello della distribuzione presenta i costi più alti per le materie prime, superando il 70%. Per quanto riguarda il costo del lavoro, invece, si va poco oltre il 10% (è a quota 13,95% invece nell’intera filiera), anche se il trend è in crescita. Per i costi di gestione, invece, l’anello dei servizi è quello che in Italia presenta i costi più alti, mentre l’anello della distribuzione è quello con i costi più bassi per questa voce.
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Ma i commercianti vorrebbero lavorare tutto l' anno...o no?
ok emilia allora è solo per il salvataggio del natale? non capisco bene cosa mi contesti... ripeto e concludo per non far diventare questi sproloqui […]
ho la quasi certezza che se un reggiano autocnono, prova anche solo a reagire come fanno spessissimo questi nostri nuovi amatissimi e alacri cittadini italiani,