“Le persone in condizioni di fragilità hanno diritto ad un’accoglienza rispettosa della loro dignità, le comunità hanno diritto ad alti livelli di buona convivenza e sicurezza, le cooperative sociali hanno diritto ad una valutazione delle loro competenze e professionalità che non le equipari a semplici rifugi dispensatori di pasti e posti letto”.
Parte dal richiamo a questi tre diritti la presa di posizione di Confcooperative a proposito della situazione che si va delineando con le gare d’appalto – emesse o in emissione sulla base dello schema di capitolato definito dal ministero degli Interni – relative al funzionamento dei centri di prima accoglienza per i richiedenti asilo, dalle quali sono esclusi, nella sostanza, tutti i servizi che vadano oltre il vitto e l’alloggio.
“Rispetto al quadro attuale – sottolinea Confcooperative – non sono previsti servizi per l’orientamento formativo e lavorativo, l’insegnamento della lingua italiana, il sostegno nell’accesso ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico psico-sociale per le situazioni vulnerabili”.
“Tutto questo – spiega Confcooperative – non solo rende impossibile qualunque percorso di inclusione sociale ed è irrispettoso della dignità della persona, ma svilisce il ruolo degli operatori dell’accoglienza a dispensatori di derrate alimentari e introduce forti elementi di rischio sulla sicurezza e sulla convivenza nelle comunità, con centinaia di persone non più impegnate in percorsi scolastici, di inclusione sociale, di formazione e in tirocini lavorativi che verranno a mancare proprio nel momento in cui cresce un clima d’odio e rancore che correrebbe verso una possibile reciprocità”.
A questi elementi – prosegue Confcooperative – vanno ad aggiungersi altri aspetti che riguardano la tenuta dei percorsi d’accoglienza. “Come evidenzia anche il documento etico delle centrali cooperative regionali, oltre alla riduzione del 40% delle risorse disponibili per ciascun richiedente asilo, la stima dei costi medi di riferimento allegata al nuovo schema di capitolato non prevede, infatti, i costi aziendali relativi alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, così come non sono previsti costi di allestimento e manutenzione delle strutture d’accoglienza, la fornitura di farmaci e prestazioni sanitarie non coperte dal SSN e neppure le spese generali a carico dell’impresa, quando la stessa Autorità Nazionale Anticorruzione stabilisce che la stazione appaltante ha il dovere di valutare la congruità dell’offerta economica delle spese per la sicurezza e di quelle generali”.
“La questione centrale – sottolinea Confcooperative – resta comunque il deterioramento della quantità e della qualità dei servizi di accoglienza, che contemporaneamente colpisce i richiedenti protezione internazionale, espone a nuovi rischi le comunità, porterebbe i lavoratori ad operare in posizioni squalificanti e svilirebbe il ruolo e le competenze costruite dalla cooperazione sociale non solo per far fronte ad un’urgenza umanitaria senza precedenti, ma su tanti altri fronti che riguardano gli ambiti assistenziale, socio-sanitario, educativo e di inclusione al lavoro”.
“Proprio per questo – osserva la centrale cooperativa di Largo Gerra – chiediamo alle amministrazioni locali di attivare immediatamente un confronto che consenta di mettere a punto una comune strategia d’emergenza per far fronte ad una situazione che si ripercuoterebbe pericolosamente nei territori a prescindere dalla scelta di partecipazione o meno ai prossimi bandi da parte delle reti di imprese e associazioni impegnate nell’accoglienza”.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]