Sono solo cinque gli anni che separano l’Italia dai nuovi limiti europei sulla qualità dell’aria, ma le città italiane sembrano ancora drammaticamente impreparate su questo fronte: in molti capoluoghi, infatti, l’aria resta irrespirabile e i livelli di inquinamento attuali risultano ancora molto, troppo distanti dai parametri che entreranno in vigore nel 2030.
È questo il quadro che emerge dal nuovo report di Legambiente “Mal’Aria di città 2025”, che ha analizzato i dati relativi alle polveri sottili (PM10) e al biossido di azoto (NO2) nei capoluoghi di provincia del Paese. Nel 2024 sono state venticinque le città (sulle 98 di cui era disponibile il dato) a oltrepassare il numero massimo di superamento dei limiti di concentrazione per il PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi per metro cubo). Un quadro che, secondo l’associazione ambientalista, rivela come l’inquinamento atmosferico sia un problema diffuso e strutturale, ben più esteso di quanto amministratori locali e cittadini vogliano ammettere.
In Emilia-Romagna sono state ben cinque su nove le città capoluogo di provincia a superare i giorni di sforamento del limite di PM10 previsti dalla legge: la peggiore in questo senso è risultata Modena, con 52 sforamenti in un anno, seguita da Piacenza e Rimini (entrambe a quota 40 sforamenti), poi Ferrara (38) e Ravenna (37 sforamenti).
Analizzando la media annuale (e non giornaliera) della concentrazione di PM10 emerge un dato positivo: nessuna città emiliano-romagnola ha superato i limiti attualmente in vigore (40 µg/mc); ma se si considerassero invece i limiti previsti dalla nuova direttiva approvata a livello comunitario, che entrerà in vigore appunto nel 2030 e che fissa per il PM10 una concentrazione media massima di 20 µg/mc, sul territorio regionale solo Forlì rispetterebbe già il parametro.
La situazione è migliore, invece, per quanto riguarda il biossido di azoto, inquinante principalmente dovuto al trasporto su strada; in Emilia-Romagna nessun capoluogo di provincia ha sforato i giorni di limite, e il confronto con i nuovi valori richiesti dalla direttiva comunitaria (20 µg/mc) vedrebbe attualmente solo in due città – Modena e Rimini – la necessità di apportare interventi correttivi.
“I dati per la nostra regione non sono del tutto negativi, le azioni messe in campo in questi anni stanno dando risultati. Occorre però essere più incisivi, perché al 2030 mancano solo cinque anni”, ha commentato il presidente di Legambiente Emilia-Romagna Davide Ferraresi: “Occorre potenziare il trasporto pubblico locale e abbandonare i progetti obsoleti di nuove autostrade e di allargamento delle esistenti per favorire il trasporto su ferro. Occorre anche incentivare l’efficientamento energetico degli edifici, la dismissione delle caldaie a gas e del riscaldamento a biomassa in città insieme alla produzione di energia da fonti rinnovabili”
Se da un lato, secondo Ferraresi, “alcune politiche regionali sono state coerenti con gli obiettivi da raggiungere, dall’altro permangono progetti che vanno in senso opposto come, sul versante delle infrastrutture, l’autostrada Cispadana o il Passante di Bologna; insieme a queste ci sono gli impianti in fase di realizzazione per la distribuzione del gas metano, come il rigassificatore di Ravenna e i nuovi metanodotti. Occorre anche una nota sul mondo dell’agricoltura: abbiamo visto in questi anni un impegno progressivo su diversi fronti per ridurre le emissioni inquinanti, ma restano forti criticità proprio nel settore agrozootecnico; se nel bacino padano vogliamo un’aria più pulita occorre che anche i soggetti di questo ambito facciano la loro parte”.
There are no comments
Partecipa anche tu