Il non voto ha vinto le elezioni in Emilia-Romagna con il 54% dei voti. Tra i votanti, la coalizione del cosiddetto “campo largo” ha portato Michele de Pascale alla presidenza con il 57%. De Pascale rappresenta oggi poco meno di un emiliano su quattro. La democrazia in Italia è in grave crisi, ma questo evidentemente non verrà affrontato dai partiti e dalle relative consorterie, da destra a sinistra senza distinzioni, poiché ad essi interessa il potere più di una nobile quanto astratta nozione di “democrazia”.
Sulle ragioni politiche e storiche del cosiddetto modello emiliano sono stati scritti migliaia di libri e di analisi. È un sistema che funziona molto bene, che ha saputo adattare la propria identità a passaggi storici giganteschi, trasformandosi dallo stalinismo al capitalismo sfrenato come se niente fosse, grazie a un’eccezionale tenacia nell’impresa e nel lavoro e a un senso non comune di coesione sociale.
L’Emilia è antropologicamente riassumibile nelle maschere guareschiane di Peppone e don Camillo, apparentemente avversi ma in realtà complici e amici. Il mondo cambia con velocità esponenziale, eppure quella che chiamai in un recente articolo “ridotta della sinistra” sa ancora organizzarsi e vincere. Anche rappresentando un solo cittadino su quattro.
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