Nel giorno in cui il Comune di Reggio – per altro dandone notizia agli organi di informazione (e, dunque, all’opinione pubblica) ad esecuzione già avvenuta – abbatte tre storici cedri nel cortile della scuola elementare di Rivalta per “motivi di sicurezza” e a poche settimane dallo sterminio di alberi praticato alle medie Aosta (dove grazie ai soldi del Pnrr si è demolita, per poi ricostruirla, una parte dell’edificio) l’assessore comunale alle Politiche per il clima nonché esponente di Europa verde e possibile, Carlotta Bonvicini, se la prende con la Provincia per aver abbattuto una – dicasi – una quercia accanto a Motti e Zanelli per poter realizzare una nuova palestra. Sempre con soldi del Pnrr, ma non per demolirla e ricostruirla: ma per consegnare agli studenti del polo scolastico in espansione e a tutte le società sportive da tempo alle prese con la carenza di impianti pubblici una nuova, funzionale palestra. E di averlo fatto dopo un ricorso al Tar che ha dato inequivocabilmente ragione alla Provincia e torto al Comune, invitato dai giudici in pratica a meglio conoscere e a correttamente applicare i regolamenti comunali di cui lo stesso Municipio si dota.
La paradossale polemica potrebbe anche essere relegata a semplice bagatella tra enti pubblici locali (seppur a identica maggioranza di centrosinistra) se non fosse che da qui ai prossimi mesi il Comune e certamente l’assessore Bonvicini in primis saranno chiamati ad affrontare il nodo spinoso del cosiddetto bosco urbano di Ospizio. E non potranno che farlo – ci si augura – certo con spirito green, ma anche con buon senso, coerenza e rispettando leggi, regolamenti e diritti acquisiti.
La vicenda della una – dicasi – una quercia del Motti allora diventa già più interessante, anche alla luce della nota diffusa oggi – dopo che il Carlino ha dato notizia della vittoria della Provincia al Tar – dall’assessore Bonvicini e che di seguito pubblichiamo integralmente. Non solo per il fatto che il Comune, nel giorno in cui abbatte 3 cedri a Rivalta e dopo averne abbattuti altri 4 all’Aosta, continua a contestare alla Provincia di voler abbattere una – dicasi – una quercia. Ma soprattutto perché l’assessore si dice “amareggiata per una sentenza che non tiene conto di come la progettazione dovrebbe essere inserita in un contesto ecosistemico, né di una possibile revisione delle soluzioni progettuali”.
Sfugge evidentemente il fatto che i giudici del Tar, per le loro sentenze, più che al contesto ecosistemico e alle soluzioni progettuali, guardano a leggi e regolamenti. Saranno all’antica, ma nei tribunali funziona così. E il loro verdetto, dopo che la Provincia ha fatto ricorso contro il parere negativo al taglio della quercia espresso dal Comune, è stato inequivocabile: “Il Collegio deve rilevare che il “parere negativo” è viziato da erronea applicazione del Regolamento comunale poiché esprime un giudizio negativo sull’abbattimento dell’esemplare Qr3 a fronte di una situazione di fatto incontestatamente rientrante nella tipologia arborea sottoposta alla deroga al divieto di abbattimento dal Regolamento che il Comune stesso ha così predisposto e però male attuato”.
Tradotto: il Regolamento fatto dal Comune non prevede per quella quercia (che non è un albero monumentale o di pregio tutelato dalla Regione o dal Comune, ma una semplice quercia come tante altre) alcuna possibilità di “parere negativo” nel caso – ed è questo il caso come ha sostenuto la Provincia – ostacoli la realizzazione di un’opera pubblica. La stessa Provincia, a differenza di quanto sostiene l’assessore Bonvicini, ha rivisto il proprio progetto salvando un filare di bagolari inizialmente sacrificati per il nuovo parcheggio. Ha provato anche a valutare la possibilità di ‘trapiantare’ la quercia in un altro posto, ma di fronte a un preventivo di 100.000 euro senza garanzia di sopravvivenza ha soprasseduto preferendo destinare tale somma alla creazione di un bosco didattico partecipato che prevede la messa dimora di 60 nuove piante. Non da ultimo, di fronte al ‘sacrificio’ di una – dicasi – una quercia, la Provincia ha evidenziato come la nuova palestra “contribuirà a ridurre l’emissione di circa 12 tonnellate all’anno di CO2, pari agli oltre 2.000 viaggi viaggi di pullman oggi necessari per permettere agli studenti di praticare attività motoria negli impianti ex Gil e parrocchia di Canali (che saliranno a quasi 3.000 viaggi con il futuro trasferimento dell’istituto Secchi nella nuova scuola di via Fratelli Rosselli)”.
Più che sulla una – dicasi – una quercia del Motti, verrebbe dunque da interrogarsi sugli atti adottati dal Comune che – “male attuando” il suo stesso regolamento – hanno comportato ai due enti l’utilizzo di risorse pubbliche per avvocati e spese legali. Oltre a una considerevole perdita di tempo nella realizzazione di un’opera pubblica che deve rispettare gli stringenti vincoli che il Pnrr comporta, come ogni amministratore pubblico pure dovrebbe sapere.
La nota dell’assessore Carlotta Bonvicini
“La palestra dello Zanelli è certamente un intervento importante e atteso dalla popolazione scolastica, ma la sua progettazione non ha purtroppo tenuto conto delle preesistenze a verde, né ha voluto valutare modifiche in grado di salvare la grande quercia dei campi sportivi.
Il Comune di Reggio – nello specifico il servizio Qualità e sostenibilità della città pubblica – aveva espresso parere negativo circa l’abbattimento della quercia, chiedendo che il progetto potesse essere rivisto di modo da mantenere in vita l’albero e impattando il meno possibile sui filari attorno ai campi sportivi. Richiesta arrivata anche dalla Consulta del verde, interpellata sulla materia.
La Provincia ha però deciso di proseguire il proprio iter e ha fatto ricorso al Tar, vincendolo. La sentenza fa riferimento a un capitolo specifico del Regolamento comunale del Verde che permette in via eccezionale, laddove vi siano elementi di “straordinarietà” legati alla realizzazione di un’opera pubblica, interventi anche su piante di grande rilevanza come la suddetta quercia. La palestra è sì un’opera pubblica e una struttura strategica per la scuola, ma la sua progettazione poteva certamente essere pensata diversamente. Fin dall’inizio non ha tenuto conto dell’albero ed è stata sottoposta agli uffici comunali solo a progetto esecutivo già approvato.
Non posso che dirmi amareggiata per una sentenza che non tiene conto di come la progettazione dovrebbe essere inserita in un contesto ecosistemico, né di una possibile revisione delle soluzioni progettuali.
Questo purtroppo avviene ancora molto spesso, sia in ambito privato che pubblico e come Pubblica amministrazione dobbiamo e possiamo cercare di migliorare l’approccio alla progettazione: da architetto penso che il futuro delle nostre città dipenda da quanto saremo in grado di riprogettare il nostro habitat partendo proprio dalla natura. Che significa partire dalle preesistenza del verde quando immaginiamo un nuovo edificio; partire dal presupposto che la natura è parte integrante del nostro vivere, nelle nostre case, nelle piazze e nelle strade; e avere quindi anche la forza di modificare e adattare i progetti se li pensiamo ormai obsoleti nel processo di rigenerazione della città”.
Carlotta Bonvicini
Assessore comunale a Politiche per il clima e la mobilità
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