Non sono solo saponette. Leonarda Cianciulli, la strega di Correggio

Leonarda_Cianciulli

di Ferruccio Del Bue

 

“La carne, la morte e il diavolo”, il saggio letterario degli anni Trenta del Novecento dell’anglista Mario Praz, potrebbe essere anche il titolo di questa pagina di cronaca nera dalle tinte padane: quella che racconta di Leonarda Cianciulli, passata alla storia come la saponificatrice di Correggio.
E’ questa la narrazione dell’orrore che si fa paradosso, in cui la carne umana smembrata e ribollita plasma l’aspetto di profumati e delicati saponi per la pelle. E dove la farina di ossa, sapientemente mescolata con i coaguli di sangue dalle mani esperte della cuoca, assume le forme, ma anche il gusto e la sostanza, di invitanti biscotti e appetitosi pasticcini da offrire alle amiche per pucciarli nel tè del pomeriggio. Sullo sfondo la cornice di un antico palazzo di via Cavour, a Correggio. Donne sedute sui sofà di un salotto di campagna, accogliente. Perse in fitte chiacchiere, tra predizioni di carte e verità da fattucchiere, passando momenti di inconsapevole svago per spazzar via la preoccupazione per i tempi cupi, gli anni Quaranta, l’odore della guerra, che avanza veloce.

Natali in Irpinia

La prima alba Leonarda Cianciulli, classe 1894, la vide dipinta sul cielo di Montella, in provincia di Avellino, nella profonda Irpinia. Ultima di sei figli, ancora in fasce, è già l’angoscia della madre, che la visse come il frutto di una violenza. La donna che saprà far tremare e inorridire Correggio e l’Italia intera, da bimba non conobbe la parola affetto. Per lei nessuna carezza o parola di conforto. I soli amici furono immaginari, coltivati dalla sua fantasia, nei dialoghi tra sé e sé. Presenze mentali prodrome di quelle suggestioni per la magia e la chiromanzia che Leonarda manifestò in seguito e che continuarono per il corso di tutta la sua esistenza.


Gli anni difficili della giovinezza

La vera porta girevole che le deviò la vita, la Cianciulli se la trovò davanti nel 1917, a 23 anni, quando scelse di non rispettare la volontà materna che la voleva maritata con un cugino (fatto abbastanza comune all’epoca) per sposare invece Raffaele Pansardi, impiegato al catasto di Montella. Quella decisione spalancò il portone di un contrasto insanabile con la genitrice, la quale non partecipò alle nozze, e anzi augurò alla figlia ogni male possibile, vicenda che condizionò in modo irreversibile la psiche di Leonarda. Le fu detto: “Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi”, e da allora lei si ritenne vittima di un sortilegio malefico. Pronta a tutto per scansare quel malocchio o lugubre vaticinio, perfino ad avvalersi di pozioni e strani riti. Perché quella nefasta profezia che le fu fatta ebbe aspetti veritieri: Leonarda perse 13 figli tra parti prematuri e aborti, prima dei quattro che invece verranno alla luce. Fu così che in lei si sviluppò un amore morboso per quelle sue creature e si fece strada l’idea ossessiva di doverle difendere a ogni costo.

 

L’arrivo a Correggio

Dopo aver vissuto a Lauria e a Lacedonia, nel 1930 il terremoto del Vulture spinse Leonarda Cianciulli e la sua famiglia al trasferimento a Correggio, nella provincia di Reggio Emilia e nel cuore della Pianura Padana.
E’ il 1930 e la Bassa reggiana ha già indossato la camicia nera, mentre il sentimento antifascista cova sotto le ceneri ancora spente, anche se quello è suolo socialista, e poi rosso con sfumature di bianco, visto che qualche anno dopo vedrà alla guida del comune il cattocomunista Germano Nicolini, il mitico comandante partigiano conosciuto con il nome di Diavolo. Ma in quella piccola realtà divisa dallo spartiacque tra povertà e ricchezza, della vita o della morte, la guerra non rappresenta l’unico spauracchio per gli abitanti. I compaesani, che come in tutti i piccoli villaggi o le ristrette comunità, si conoscono e si chiamano per cognome: “Rossi…! Ligabue…!”, ora devono iniziare a fare i conti con misteriose sparizioni.


La nuova vita nella Bassa reggiana

A Correggio la presenza di Leonarda Cianciulli era ben vista. Si era inserita nella vita cittadina meglio del marito, dal carattere più chiuso e scontroso. Lei, invece, libera e ciarliera, era considerata dai più una brava madre fascista. Seppure alle spalle avesse un passato burrascoso, condanna per truffa e furto, la Cianciulli sempre indaffarata e alla ricerca di guadagni anche facili, non si fece scrupoli. Un po’ fattucchiera e un po’ maga, dispensava false verità tra carte e amuleti. Un po’ antiquaria, si lanciava nella compravendita di mobili, fino anche a inventarsi commerciante, smerciando vestiti. Insomma, fu uno smaneggiare continuo che le procurò un certo agio, una casa più grande e persino una governante per riassettarla.
Ma poi nel giro di breve la situazione cambiò, precipitò. Negli anni Trenta il marito l’aveva abbandonata e alla tranquillità subentrò la precarietà: dover far fronte alle necessità materiali, la forte preoccupazione per lo scoppio della Seconda guerra mondiale. L’ossessione che il figlio maggiore, il più amato, Giuseppe Pansardi, potesse essere chiamato in prima linea, mentre un altro, più piccolo, era già sotto la leva.
Fu il timore che le toccassero la prole a trascinare la Cianciulli nel più nero sconforto, nonostante il suo sincero amore e la sua fiducia verso il fascismo. Addirittura anni dopo racconterà di un sogno che risuonò come una sinistra premonizione. Lei stessa, nel corso di una confessione, disse che sentì improvviso il richiamo a fare sacrifici umani in cambio di avere salva la vita dei suoi cari (i figli).

 

Una spietata saponificatrice

Gli astri sono ormai allineati, la trasformazione è compiuta e ora si rivela nella sua più completa, cruda e lucida spietatezza. La carne e la morte sono gli ingredienti, mentre i resti umani vengono gettati in un pentolone di soda caustica e il diavolo pazientemente, sapientemente, li mescola e li cucina.
Leonarda Cianciulli ha già premeditato e individuato le sue prede. Si tratta di tre donne sole, quasi senza amici e parenti, e che hanno in comune la voglia di cambiar vita. Le tre, a cui la sorte evidentemente ha voltato le spalle, hanno pescato dal mazzo la carta sbagliata, quella del diavolo, che veste le sembianze di Leonarda Cianciulli. Le malcapitate sono Faustina Ermelinda Setti, Francesca Clementina Soavi e Virginia Cacioppo. Il piano della strega è ben curato e messo a punto nei mini dettagli. E’ stato escogitato con incredibile scaltrezza. La Cianciulli fa mostra di sé come una diabolica Cupido capace di realizzare i sogni d’amore più reconditi delle sue tre amiche. La fattucchiera irpina promette alla Setti un nuovo marito a Pola, scavalcato l’Adriatico, in Croazia. Per la Soavi invece è pronto un nuovo lavoro a Piacenza. E infine con la Cacioppo esagera, tombola: amore e un impiego a Firenze.
Dopo la fase progetti mirabolanti, Leonarda convince le sue prede a vendere ogni bene in loro possesso, con la scusa che non dovevano presentarsi a mani vuote nelle nuove città in cui nella realtà mai arriveranno. Cosa più importante, tutto il lavoro doveva esser compiuto senza che nessuno sapesse, in gran segreto, vietato proferirne parola. Per quale fine avrebbero potuto domandarsi le tre inconsapevoli moriture? La risposta era pronta: non suscitare invidie nei compaesani, non risvegliarne la curiosità e alimentarne l’astio. E per rendere la situazione più credibile, ecco cartoline e lettere da spedire a una manciata di parenti e conoscenti, per di più firmate dalle stesse vittime che, a loro insaputa, diventano complici della loro stessa morte.


I delitti

I tre feroci ammazzamenti si compiono nel giro di un breve periodo tra il 1939 e il 1940. Con la scusa di predisporre gli ultimi dettagli e di un saluto d’addio, Leonarda Cianciulli invita una per volta le donne a casa sua. Prima le circuisce e le blandisce con chiacchiere e progetti, poi, quando le vittime si sentono a loro agio, tranquille, gli orrori vanno in danza. Leonarda le sorprende alle spalle, nel pugno ha un’accetta e con quell’arnese vibra un colpo talmente secco e spietato che spacca loro la testa come fosse un cocomero. Le poverette stramazzano sul colpo. Sarà lei stessa a raccontarlo, così come farà rabbrividire giudici, giurati e cittadini il resto della sua confessione: porta le vittime in ripostiglio e con le mani di un rodato macellaio le smembra come carcasse d’animale, spolpando le ossa dalla carne. Poi depone i resti umani in un grande pentolone, li mescola alla soda caustica e fa bollire il tutto per ore. Infine con il grasso colato ricaverà il sapone, mentre con il sangue e la farina di ossa biscotti e pasticcini. Dolci dal gusto “ottimo”, dirà lei stessa durante un interrogatorio.

La scoperta della macabra verità

Il modo in cui la Cianciulli si sbarazzò dei corpi non destò troppi sospetti tra i correggesi, anche se qualcuno iniziò a chiedersi che fine avessero fatto quelle tre donne. In particolare la signora Albertina Fanti, cognata del soprano d’opera Virginia Cacioppo, di punto in bianco si presentò alla stazione dei carabinieri di Correggio per denunciarne la scomparsa. Ma siccome non emerse nessuna prova concreta che quell’allontanamento non fosse volontario, gli investigatori decisero di chiudere l’inchiesta. La Fanti, però, qualcosa aveva annusato, e non si diede per vinta indagando sui fatti in prima persona. Non le ci volle molto per scoprire che altre due donne erano sparite nel nulla, la Setti e la Soavi. Entrambe, come sua cognata erano over 50enni, e avevano progettato e sognato di lasciare Correggio per una nuova vita. Troppe coincidenze, insomma, tanto che le voci di una probabile e orrenda fine delle sparite si fece via-via più insistente e giunse all’orecchio del commissario Federico Serrao, che a sua volta iniziò a indagare attorno al palazzo di via Cavour. La svolta arrivò improvvisa quando il poliziotto incappò in un buono del Tesoro appartenuto a Virginia Cacioppo e presentato al Banco di San Prospero da un prete, certo Adelmo Frattini. Sentito il parroco, questi rivelò che gli venne in mano da tale Abelardo Spinabelli. Ed è quest’ultimo a incastrare la Cianciulli: “Fu lei a darmelo”.
Scattarono immediate le perquisizioni, e gli investigatori individuarono i vestiti appartenuti a Virginia Cacioppo. Nel solaio del palazzo di via Cavour, poi, la macabra scoperta: un mucchio d’ossa e in cima una dentiera.


L’arresto

A quel punto il commissario Federico Serrao puntò l’indice contro il figlio della Cianciulli, Giuseppe, e lo additò quale complice della ‘strega’ omicida. Questi confessa di essere stato lui a spedire le cartoline firmate dalle vittime ad amici e parenti. Ma toccatole il figlio, Leonarda, la fredda saponificatrice, crollò e raccontò tutto, non prima di avere premesso: “Non ho ucciso per odio o per avidità, ma solo per amore di madre”. E aggiunge: “Ho fatto tutto da sola”.
Tra lo sgomento, l’orrore, ma anche lo stupore e lo sbigottimento della gente della cittadina di Correggio già finita sotto lente della cronaca nazionale, Leonarda Cianciulli viene rinchiusa nella struttura di Aversa (Caserta), nota anche con il nome di “Reali Case de’ Matti”, primo penitenziario psichiatrico in Italia che originariamente aveva al suo interno una sezione denominata la “Pazzeria”. Prigioniera per 19 mesi in quelle disperate e sorde stanze, la Cianciulli non si perse d’animo e non sprecò il suo tempo, anzi si affrettò a scrivere le sue memorie, un tomo di ben 700 pagine. Il direttore dell’ospedale di Aversa, Filippo Saporito, docente universitario e psichiatra di fama nazionale, presentò nel 1946 la perizia psichiatrica che dichiarò Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio, “totalmente insana di mente” al momento dei fatti da lei compiuti. Versione questa, però, che non venne mai accolta dal tribunale di Reggio Emilia, che riconobbe invece all’omicida solo un’infermità parziale, e per questo la condannerà alla detenzione in un manicomio giudiziario.


Il processo solo dopo la guerra

Durante la guerra non si poteva fare, così il processo alla Cianciulli si aprì nel giugno del 1946 a Reggio Emilia. Leonarda, chiedendo di scagionare il figlio prediletto Giuseppe, detto Peppuccio,  si autoaccusò subito di tutto, raccontando nei minimi dettagli i suoi crimini. E per dare una prova più convincente delle sue capacità, sezionò da sola in soli 12 minuti un cadavere messole a disposizione da giudici e giuria.
Impressionata dai fatti, nell’arringa conclusiva, l’accusa chiese alla Corte l’ergastolo per la saponificatrice di Correggio e 24 anni di carcere per il suo primogenito. Opposto invece il parere della difesa, che continuò a invocare l’infermità mentale per la donna e la mancanza di prove per l’incriminazione del figlio.
Dopo tre anni di atti giudiziari, il dibattimento arrivò al verdetto definitivo: 30 anni a Leonarda Cianciulli, mandato assolto il figlio, il quale lasciò Correggio e morì a Genova nell’agosto del 1993 (Una delle donne di servizio di casa Cianciulli, Nella, raccontò in un’intervista di avere visto Giuseppe Pansardi uscire di casa con la testa del soprano Virginia Cacioppo avvolta in un fazzoletto. Mentre un’altra volta portava valigie insanguinate. L’altra domestica di Leonarda, Ardilia, fu invece arrestata con la sua padrona e rinchiusa a Reggio Emilia nelle carceri di San Tommaso, per la disperazione, dopo qualche giorno di reclusione, uscì completamente di senno e impazzì).
Il resto della vita Leonarda Cianciulli lo trascorse tra ospedali psichiatrici e manicomi criminali, dove si dice continuò a leggere le carte e sfornare pasticcini che però stavolta nessuno voleva assaggiare. La morte se la portò via, colpita da un ictus, il 15 ottobre del 1970 nel manicomio di Pozzuoli (Napoli).


Non sono solo saponette

Dunque, come per tutti, anche per Leonarda Cianciulli giunse la morte. Ma per quanto riguarda la saponificatrice di Correggio, invece, è definitivamente entrata nella leggenda. Una storia che si distingue ancora oggi per la sua brutalità nell’originalità. La tecnica di Leonarda per far sparire i cadaveri ricorda una pratica arcaica che si rifà alla tradizione contadina nello smembramento dei maiali. E se la crudeltà e la spietatezza alla Cianciulli non mancarono, il suo aspetto esteriore la rese credibile: l’incarnazione di una strega d’altri tempi.

Non sono solo saponette.



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