Amilcare Storchi, il riformista che lo storico Giorgio Boccolari ha definito “il socialista girovago”, oltre a essere stato un politico di primo piano della prima metà del Novecento, ha esercitato in diverse città l’attività giornalistica per testate di tendenza o di partito. Ricordiamo La Giustizia sia quotidiana che settimanale, La Luce di Carpi, La Scintilla di Ferrara dove diresse anche il settimanale Il pensiero socialista, collaborò a Il Lavoratore di Trieste, scrisse per Critica Sociale e il Tempo di Milano, lavorò all’Avanti! di Roma. Eletto alla Camera dei Deputati nel 1919, fu intimo amico di Prampolini e Turati.
Nel 1921, dopo la distruzione della redazione de La Giustizia per mano fascista, sostituì Giovanni Zibordi, costretto all’esilio per le minacce e le aggressioni subite, alla direzione del giornale. Nel 1922 aderì al Partito socialista unitario di Matteotti.
Aspramente criticato dai massimalisti e dai comunisti per le sue convinzioni riformiste, sorvegliato e minacciato dai fascisti come pericoloso sovversivo, nel 1924 dovette emigrare con la famiglia in Argentina, da dove fece ritorno due anni dopo per unirsi a Milano alla piccola colonia di esuli socialisti reggiani, con Prampolini in testa.
Infine partecipò, già anziano e molto provato da tante dolorose vicissitudini, ai primi incontri clandestini reggiani, dai quali poi nacque il Comitato di liberazione nazionale di Reggio Emilia. Purtroppo la morte lo colse il 21 aprile 1944, un anno prima della definitiva caduta del fascismo. Aveva sessantasette anni.
Di tutte le innumerevoli attività ed esperienze di politico, amministratore e giornalista, un aspetto particolare, spesso dimenticato, va sicuramente sottolineato per comprendere appieno le sue convinzioni politiche e la natura del suo carattere.
Mi riferisco alla sua profonda convinzione pacifista, manifestata sia in occasione della guerra di Libia, sia davanti alla Prima guerra mondiale. Nei suoi discorsi e nei suoi scritti emergono tutti gli insegnamenti appresi alla scuola di Camillo Prampolini, insegnamenti che declinò sulla base della sua personalità e della sua sensibilità.
Attribuendo all’opera educativa un ruolo fondamentale nell’azione politica, il maestro Storchi, si diplomò nel 1893, decise di redigere, insieme all’amico Virginio Carnevali, testi scolastici indirizzati ai ragazzi delle scuole elementari. Nel gennaio 1813 pubblicò il suo primo testo intitolato L’idealità della Pace spiegata alla gioventù, con lo scopo d’educare gli scolari al valore della pace e contrastare l’emergere di sentimenti militaristi, come conseguenza della guerra di Libia. Si trattò in sostanza di un sussidiario di storia di 31 pagine, che narrava la storia dell’umanità dall’origine al XIX secolo e sottolineava il valore supremo della pace per dirimere ogni conflitto tra le nazioni.
Da convinto positivista, Storchi considerava e valorizzava infatti “il cammino, faticoso e lento, ma incessante e vittorioso del progresso umano”. Tale progresso avrebbe portato a suo dire alla graduale affermazione della pace internazionale.
Il secondo testo, Verso la nuova Europa. Il conflitto Europeo spiegato agli scolari con intenti di elevazione umana, fu un libro di storia e geografia rivolto agli studenti delle ultime classi elementari e venne pubblicato nel novembre 1914. La finalità principale di tale lavoro doveva essere quella di fornire una comprensione della guerra e dei suoi aspetti più terribili.
Poiché per lui “l’internazionalismo non significò mai negazione o soppressione delle patrie, ma libera e autonoma federazione di esse”, nei suoi testi fece spesso riferimento al pensiero di Giuseppe Mazzini, in linea quindi con i programmi scolastici del tempo.
Come politico Storchi si augurò spesso e lo scrisse sia su La Giustizia che sull’Avanti!, che il neutralismo del PSI di fronte alla Prima guerra mondiale si trasformasse in qualche iniziativa capace di determinare la fine del conflitto. Per questo si dimostrò sempre interessato a valutare ogni iniziativa venisse proposta anche in ambito internazionale.
Nel gennaio 1815, ad esempio, sostenne la proposta dell’anarchico Sébastien Faure di convocare una conferenza dei paesi neutrali per offrire una mediazione tra gli Stati in guerra e contemporaneamente promuovere la stesura di trattati internazionali di pace. Tale compito fu da lui considerato addirittura come quello storico, che il destino aveva riservato all’Italia, la nazione più grande e importante ad essere rimasta ancora neutrale.
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