Dopo nove anni è giunto a conclusione l’iter giudiziario relativo ad una parte degli immobili confiscati alla ‘ndrangheta nell’ambito delle misure patrimoniali connesse al processo Aemilia del 2015, con i beni che nelle prossime settimane saranno quindi assegnati e torneranno alla collettività.
Si tratta in particolare di 62 tra appartamenti, garage, capannoni e terreni, la cui situazione è stata analizzata oggi in una specifica Conferenza dei servizi convocata in Prefettura a Reggio Emilia a cui hanno preso parte tra gli altri, oltre al prefetto reggiano Maria Rita Cocciufa, il suo omologo parmense Lucio Antonio Garufi, il direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati Bruno Corda, la sottosegretaria del ministero dell’Interno Wanda Ferro, il procuratore capo di Reggio Calogero Gaetano Paci, la presidente del Tribunale Cristina Beretti, la pm antimafia Beatrice Ronchi, i rappresentanti degli enti locali e i vertici delle forze dell’ordine delle due province.
Gli immobili confiscati sono ubicati infatti a Reggio Emilia, nei comuni reggiani di Bibbiano, Brescello, Cadelbosco di Sopra, Montecchio Emilia e Vezzano sul Crostolo e a Sorbolo Mezzani in provincia di Parma. La Conferenza dei servizi ha in particolare permesso di stabilire, per ciascun bene confiscato, se sono interessati alla sua acquisizione i Comuni o – attraverso l’Agenzia del Demanio – i vari Comandi delle forze dell’ordine. Dopo che le “disponibilità” saranno formalizzate attraverso delibere di Giunta degli enti locali o altri atti di risposta alla richiesta di manifestazioni di interesse resa nota sul sito dell’Agenzia nazionale, la stessa “Anbsc” si riunirà poi entro fine luglio per deliberare l’assegnazione definitiva degli immobili.
Il quadro emerso è comunque piuttosto variegato. Innanzitutto una parte dei beni “liberi” dall’iter giudiziario sarà venduta per soddisfare i cosiddetti “creditori in buona fede” delle procedure giudiziali. Per quanto riguarda la provincia di Parma, poi, il patrimonio confiscato è composto da 32 unità, del valore di 1,1 milioni, tutte facenti parte del quartiere di via Venezia sorto in seguito ad una maxi speculazione edilizia dei clan (il cosiddetto “affare Sorbolo”), che investirono 20 milioni per realizzare 200 alloggi. Di questo “lotto” 13 appartamenti di via Montefiorino sono in realtà già stati assegnati in via definitiva al Comune di Sorbolo, in virtù di una “convenzione” con la Prefettura di Parma che ne ha permesso l’utilizzo anticipato negli anni scorsi. Prima come alloggi di emergenza per chi aveva perso la casa durante il covid e poi per ospitare 25 profughi della guerra in Ucraina. Ora gli appartamenti saranno destinati all’edilizia popolare o sociale.
Passando alla provincia di Reggio sono stati confiscati 27 case e tre terreni, del valore complessivo di 1,3 milioni. Il Comune con il maggior numero di immobili è quello di Brescello (17) che l’amministrazione ha accettato di rilevare e riutilizzare a fini sociali. Segue il Comune capoluogo con sei beni – cinque case e un terreno – su cui presenteranno una manifestazione di interesse sia il Comune che il Demanio. A Cadelbosco ci sono due unità che saranno prese in carico dal Comune, altrettante a Montecchio (che andranno alle forze dell’ordine tramite la richiesta fatta dal Demanio) e due immobili sono presenti pure a Vezzano (le manifestazioni saranno di Comune e Agenzia del Demanio). Infine il bene di Bibbiano riguarda un capannone dove si è insediata da qualche tempo la colonna mobile della Protezione civile.
“Il nostro interesse è quello della riassegnazione dei beni ai nostri ‘stakeholders’ nel più breve tempo possibile. Per ripagare i creditori in buona fede ci siamo dati come obiettivo di massima la fine di quest’anno”, spiega il direttore dell’Agenzia nazionale per la gestione dei beni sequestrati Bruno Corda. Secondo cui oggi viene dato anche “un messaggio di sconfitta del negazionismo e cioè del fatto che alcuni territori si ritengano immuni dalla necessità di cimentarsi sul tema della criminalità organizzata”. A questo proposito Corda aggiunge che “nella lotta a questo fenomeno non esistono delle contromisure che non siano quelle del coinvolgimento sociale”.
Il direttore dell’Anbsc conclude elogiando il lavoro “di contatto delle Prefetture nei confronti delle amministrazioni che possono essere destinatarie del bene. Questo è molto importante perché una delle cose che ci venivano rimproverate era la scarsa comunicazione di questi beni. Un tempo poteva forse essere vero, adesso non lo è più”. Insomma, conclude Corda, “chi oggi riceve il bene lo fa con consapevolezza anche delle sue criticità e delle spese che avrò in bilancio, ma c’è un segnale dello Stato di riappropriazione di una parte del proprio territorio che è stato sfruttato dalle mafie”.
Soddisfatto anche il prefetto di Reggio Cocciufa: “Abbiamo messo un piccolo tassello e continueremo su questa strada. Ora ci auguriamo che anche la tempistica della riassegnazione sia breve e per i Comuni ci vogliono anche risorse”. Qui, conclude il prefetto di Parma Garufi, “la criminalità opera con metodi subdoli e ammantati di onestà. Dobbiamo abituarci in fretta: il riuso dei beni sequestrati chiude un cerchio di legalità”.
(Agenzia Dire)
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