Il Punto Nero, la breve vita del primo quotidiano nazionale socialista

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Il Congresso nazionale socialista di Reggio Emilia del 1893, nel rilevare la presenza non omogenea sul territorio italiano del partito, sottolineò la mancanza di un organo centrale che riportasse la voce dei Comitati provinciali e di sezione.
Il Partito aveva la necessità di arrivare in ogni angolo del paese, far conoscere le sue idee, sostenere i compagni nelle loro battaglie, farli edotti di quanto accadeva in Italia, rafforzare l’organizzazione delle sezioni e dei circoli.

Per fare tutto ciò occorreva una informazione quotidiana e capillare.

Forte di quel convincimento, il 22 ottobre 1893 La Giustizia, organo della Lega socialista di Reggio Emilia e diretta da Camillo Prampolini, annunciò l’uscita del nuovo quotidiano al raggiungimento almeno di 1000 abbonamenti.

Il progetto raccolse subito le perplessità, se non la contrarietà, di altri fogli importanti come La Lotta di classe, L’eco del Popolo e La Giustizia Sociale, che accusarono i promotori di voler fare da soli, provocando “il disgregamento regionale e locale e procurando sacrifici e danni al Partito e al suo giornale ufficiale La Lotta di classe” settimanale, non più diretta da Prampolini.

All’obiezione che il quotidiano avrebbe dovuto avere sede in una grande città, si rispose che se quello era l’ideale, al momento mancava un grande centro socialista dal quale esso sarebbe potuto sorgere naturalmente, senza forzature. Questa possibilità c’era invece in Emilia e in particolare a Reggio. Quindi, secondo i promotori, andava sfruttata.
Favorevolmente si espressero invece molti compagni di Torino, del Veneto, della Liguria e della Sicilia e il loro appoggio si rivelò decisivo per il varo dell’iniziativa.
Il primo gennaio 1894, grazie all’impegno di Antonio Vergnanini, dalla tipografia Economica di Reggio Emilia uscì Il Punto Nero, giornale quotidiano socialista. La finalità del quotidiano venne esplicitata nell’articolo di presentazione: “Il nostro programma politico è quello del Partito socialista dei lavoratori di cui noi svolgeremo la tattica indefessamente, contro tutti gli agguati e i camuffamenti più o meno rivoluzionari della borghesia decrepita e malata”.

Gli articoli non erano firmati se non da pseudonimi, come rimane incerto il nome del direttore. Di certo sappiamo invece che tra i più assidui collaboratori c’era Olindo Malagodi, il padre di Giovanni il futuro segretario del Partito Liberale Italiano. Il giornale aveva sede in via San Pietro Martire n. 6 ed era formato da 4 pagine.

Il nome Il Punto Nero traeva spunto da una espressione del pedagogo, tal Costanze Cauvet, di casa del ministro Giolitti, che commentando il risultato delle elezioni del 1892 indicava nella valle del Po il punto nero dell’orizzonte politico dell’Italia borghese.
Il giornale, restando sempre su posizioni legalitarie e riformiste, si occupò di tutte le maggiori tematiche allora presenti nel Paese: della situazione economica e sociale, dei moti dei fasci siciliani, delle leggi antiliberali di Crispi, delle condizioni lavorative nelle fabbriche e nei campi, nonché dello stato del Partito, della sua organizzazione, delle possibili alleanze elettorali con altre forze democratiche, delle iniziative di lotta da intraprendere. Non mancò mai infine l’illustrazione del quadro politico internazionale, specie del campo socialista.

Dai resoconti pervenuti e da diverse testimonianze pervenute il giornale ebbe una buona accoglienza da parte dei compagni e costituì un importante incoraggiamento a ricercare una migliore organizzazione della presenza socialista, specie nelle realtà più isolate del meridione.

Come la maggior parte dei giornali d’opposizione anche Il Punto Nero subì diversi sequestri. In particolare nei giorni del 20 e 28 gennaio e del 1 e 19 febbraio, per i suoi articoli a commento dello stato d’assedio in Sicilia. L’ultimo sequestro avvenne il 16 marzo da parte del procuratore del re.

Il giorno 15 aprile il giornale annunciò che avrebbe sospeso le pubblicazioni a causa la mancata puntualità del pagamento delle quote d’abbonamento e di vendita, sulle quali il giornale si reggeva e che avevano creato una grave situazione economica.
Il commento-saluto della redazione recitò: “l’opera nostra lascia traccia nel partito ed aprirà la strada alla ripresa vitale e sicura della pubblicazione quotidiana socialista…Noi lavoreremo assiduamente nel senso di mantenere alla nostra causa un periodico quotidiano, della cui necessità, insieme a noi, sono convinti certamente tutti i compagni, e se con noi lavoreranno gli amici, questo desiderio comune diventerà un fatto”.
Purtroppo da allora non si ebbe più alcuna notizia.




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