Nel centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti mi piace ricordare la manifestazione che la dirigenza dell’Internazionale socialista volle dedicargli a riprova del valore morale universalmente riconosciuto alla sua persona, per il coraggio dimostrato nella lotta al fascismo, e il rispetto morale e politico di cui fu oggetto in tutto il mondo.
La coerenza e la determinazione nel affermare le sue profonde convinzioni politiche, le modalità del rapimento e dell’assassinio, lo sconcerto dell’opinione pubblica, che parve mettere in crisi il governo e lo stesso Mussolini, rappresentarono un grido d’allarme per il regime e una chiamata all’unità per tutta l’opposizione antifascista internazionale. Apparve dunque non solo doveroso ma anche indispensabile ricordare ufficialmente e solennemente il suo martirio, attribuendogli tutti gli onori che l’uomo meritava.
L’undici settembre 1927 la presidenza dell’Internazionale e i socialisti belgi vollero intitolare la Salle Blanche della Maison du Peuple di Bruxelles al martire italiano, ormai divenuto martire internazionale, Giacomo Matteotti.
Allo scopo posero in fondo alla sala una stele in marmo dello scultore Van Asten. Tra due bandiere con impresso il berretto frigio venne rappresentato un cuore fiammeggiante con di fronte una figura femminile e una maschile nel momento di pronunciare la seguente frase: “questo cuore ardente batteva per te, o libertà”. Sotto, il medaglione con l’effige di Giacomo Matteotti fu infine sovrastato dalla parola Liberté.
Presenziarono alla cerimonia i rappresentanti dell’Internazionale con il presidente Arthur Henderson e il segretario Fritz Adler in prima fila. Per i socialisti italiani presenziarono Turati, Treves e Modigliani. Anche molti partiti socialisti d’Europa e d’oltre America mandarono i loro più qualificati rappresentanti.
L’adagio dell’opera 18 N.1 di Beethowen, aprì la solenne cerimonia. Una volta scoperta la stele iniziarono i discorsi dei vari rappresentanti presenti. Per primo prese la parola il presidente Henderson, che dopo aver ricordato tutti martiri del fascismo e del bolscevismo concluse: “Matteotti non è morto invano, perché la sua morte ci ha lasciato, non solo un ricordo imperituro, ma ha conferito al socialismo internazionale la vitalità, l’energia di pensiero e d’azione che fecero di lui, nella vita, una incomparabile forza del nostro movimento internazionale”.
Il segretario del partito socialista belga J. Van Roosbroech ricordò quando il 20 aprile 1924 Matteotti volle essere presente al loro congresso annuale. In quella occasione riuscì miracolosamente ad entrare in Belgio pur non avendo il passaporto, che gli era già stato ritirato dalle autorità fasciste. Ricordò il suo memorabile discorso che restò impresso nella mente e nel cuore di tutti i 600 rappresentanti presenti all’assise.
A quel punto fu la volta di Filippo Turati. Parlando in francese, Turati svolse un lungo e articolato discorso incentrato sulle idee, sulla persona, sulla determinazione e sul martirio di Matteotti.
Innanzitutto volle esprimere la soddisfazione che la cerimonia promossa dall’Internazionale si svolgesse proprio in Belgio, terra sempre amata da Matteotti. Dopo essersi abbandonato a qualche toccante ricordo personale e alla descrizione del suo carattere, precisò che: “(Giacomo) valeva tutti, che era in qualche modo, egli solo, tutto il partito perché aveva il dono dell’ubiquità di certi santi, era insieme in città ed in campagna, in Italia e all’estero, al Congresso nazionale e alle riunioni dell’Internazionale, quasi nel tempo medesimo…la sua morte è ancora una nascita…Noi non piangiamo perché sia partito; lo attendiamo come i figli di Israello, piangendo sulle rive dei fiumi di Babilonia, attendevano il loro Messia”.
Turati chiuse il suo intervento con queste parole: “…Noi siamo e saremo ciò che fummo…Che questo monumento lo ridica ai nostri calunniatori! Che esso parli ai giovani del Belgio vallone e fiammingo, che esso parli anche a quella gioventù borghese, la quale sente come i privilegi di classe sono un furto fatto alla collettività, se non si impiegano ad aiutare l’opera di redenzione…Se questo monumento rimarrà muto nel freddo glaciale del suo marmo; non sarà che una decorazione architettonica, che un sepolcro senza istoria e senz’anima. I grandi morti non si onorano se non sforzandosi di emularli.
Compagni: Viva Matteotti! Viva l’Internazionale dei Lavoratori!”.
Al suono dell’Internazionale vennero deposte ai piedi del monumento corone di fiori. La prima fu portata da Treves con la scritta “A Giacomo Matteotti i suoi compagni”; a seguire furono deposte quelle della “Concentrazione antifascista”, della “Commission Syndicale”, della “Fédération Gandoise”, della “Centrale des métallurgistes, del Syndicat des métallurgistes de Bruxelles e altre ancora. Infine sfilarono in silenzio e con le lacrime agli occhi i tanti compagni presenti alla Casa del Popolo.
Tutta la cerimonia fu seguita e riportata, il 12 settembre, da La Peuple, organo della democrazia socialista. Anche La Libertà, organo della “Concentrazione antifascista”, fece lo stesso.
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