La due giorni su Ariosto con Capossela al Valli di Reggio

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Inizia lunedì prossimo la due giorni che Vinicio Capossela al Teatro Valli dedicherà a Ludovico Ariosto, quel poeta reggiano del ‘500 capace di risvegliare le forze per interpretare e dare voce ai problemi più stringenti del momento storico che stiamo vivendo.

Il primo appuntamento, il 6 maggio alle 18,30, è alla Sala degli Specchi (ingresso gratuito fino a esaurimento posti). “Se il senno è sulla luna”, ovvero, un volo tra le pagine ariostesche con Vinicio Capossela e Ermanno Cavazzoni. “Parleremo delle canzoni, del ferrobugio e di san Giovanni sulla luna”, spiega lo scrittore. “Parleremo di giganti, di ingratitudine, di cavalieri e di insetti, con il poeta dei lunatici, il maraviglioso Ermanno”, gli fa eco il cantautore scandianese nato ad Hannover. Una confronto che sarà l’introduzione ideale per il concerto del giorno successivo, martedì 7 (ore 21) quando Capossela porterà in scena Con i tasti che ci abbiamo – tredici canzoni urgenti in teatro, il tour con cui presenta l’ultimo lavoro discografico Tredici Canzoni Urgenti, vincitore della prestigiosa Targa Tenco 2023 nella categoria Miglior Album in assoluto. Le prevendite sono attive sui principali circuiti online (Ticketone e Vivaticket) e nelle biglietterie dei Teatri. Si tratta di un nuovo appuntamento con Leggera, la rassegna di Arci, realizzata in collaborazione con la Fondazione I Teatri, dedicata alla canzone d’autore.

Quello di Reggio Emilia sarà un concerto speciale interamente dedicato al “padrone di casa” Ludovico Ariosto – ispirazione e ospite d’onore di Tredici Canzoni Urgenti. Ad accompagnare Vinicio Capossela sul palco Andrea Lamacchia al contrabbasso, Piero Perelli alla batteria, Alessandro “Asso” Stefana alla chitarra, Raffaele Tiseo al violino, Daniela Savoldi al violoncello, Michele Vignali al sassofono.

La tappa di Reggio Emilia è tra gli ultimi preziosi appuntamenti di un viaggio in musica che nell’autunno del 2023 ha attraversato tutta la Penisola, toccando ben 29 città (35 repliche) e collezionando numerosi sold out, riscuotendo gli entusiasmi di pubblico e critica. Concerti durante i quali l’artista prende per mano gli spettatori guidandoli attraverso le tracce del suo ultimo lavoro discografico, Tredici Canzoni Urgenti. Un disco che sviscera tematiche sociali e legate all’attualità come forse mai prima nella carriera del cantautore, che si traduce in un tipo di esecuzione che esalta le parole, per ascoltare nella pulizia dell’espressione musicale la loro importanza.

Oltre alle canzoni del nuovo disco, ci sarà anche spazio per alcuni dei più preziosi brani dell’ampio repertorio caposseliano.

“È un concerto che prende corpo dal disco “Tredici Canzoni Urgenti”, canzoni di carattere civile che rispondono a un fenomeno – racconta Capossela. Come diceva Benjamin “Quando la politica diventa spettacolo – spesso incivile – allora lo spettacolo deve diventare politica civile”. Allo stesso tempo è un concerto che ha a che fare con la sospensione dell’incredulità, quindi col mondo dell’immaginazione, perché l’immaginazione è la nostra grande opportunità di trasformare i limiti in possibilità. Abbiamo chiamato questa serie di concerti in teatro “con i tasti che ci abbiamo”. Quando mancano dei tasti dal pianoforte bisogna cercare melodie con quelli che sono rimasti. Il nostro concerto vorrebbe essere un invito a fare con quello che si ha, a fare dei limiti una possibilità e soprattutto a non avere paura di sbagliare”.

L’urgenza su cui è costruito l’impianto musicale e scenico di questo spettacolo è quella di provare a ritessere le fila di una socialità condivisa, risposta all’atomizzazione, all’individualizzazione del nostro vivere sociale. Rappresentare le canzoni urgenti in un concerto per il cantautore è il tentativo di arricchirle di un’esperienza “comunitaria”.

“La musica si fa insieme, ogni canzone viene completata dall’ascolto, l’esecuzione dal vivo, il fatto di essere insieme è un fatto anche questo civile, corale, organico. Anche la scenografia che abbiamo pensato è una specie di anfiteatro quasi a completare l’abbraccio del pubblico.

Lo spettacolo inizia da un divano. Un divano su cui ci siamo un po’ tutti seduti e che è una sorta di totem della nostra condizione. Da lì ci rialziamo e affrontiamo una lunga carrellata di canzoni che hanno a che fare con diverse urgenze a partire da quelle che abbiamo dentro, perché spesso il nemico lo si pensa sempre fuori, ma invece il nemico, le cose sbagliate, le conseguenze della nostra cattiva educazione sono dentro di noi”.

Protagonista assoluta della scenografia che caratterizza lo spettacolo è un’enorme luna gonfiabile, che funge sia da mimesi della luna che da luna giocattolo. Una luna magnetica, che sprigiona la sua forza sui sogni, che attira a sé i fluidi e il senno. Una luna che rischia di cadere sulle nostre teste per quanto è appesantita dalla discarica delle nostre vanità, ma che allo stesso tempo risuona da sempre di tutte le fantasticazioni umane.

“Una grande luna, come quella che si era immaginato Ariosto, a cui il poeta ha dedicato quella straordinaria metafora per cui il senno è andato sulla luna, ma sulla luna ci sono anche tutte le cose per cui gli uomini perdono il senno sulla terra: le vanità, il potere, la seduzione. Ecco li abbiamo tutti in una bella luna gonfiabile, alla fine la facciamo scoppiare e così torniamo a terra dove si sa che non è rimasto altro che follia”.

Tredici canzoni urgenti è un disco che nasce dall’urgenza di interpretare e dare voce ai problemi più stringenti del momento storico che stiamo vivendo: la violenza di genere, la cattiva educazione alle emozioni, l’abbandono scolastico, la delega da parte degli adulti all’intrattenimento digitale in cui versa l’infanzia, la cultura usata come mezzo di separazione sociale, il carcere inteso come reclusione senza rieducazione, il parossismo consumistico generato dal capitalismo predatorio.

Canzoni che nascono dalla necessità di affrontare e confrontarsi con le problematiche che affollano un mondo ormai supino, sprofondato sul divano di fronte alla continua spettacolarizzazione della realtà. Un mondo in cui ogni cosa, compresa l’emozione, è stata domiciliarizzata e disincarnata sotto un velo che ha nascosto alla coscienza la preparazione della peggiore delle catastrofi: la guerra, con tutto il corollario della violenza, dell’avvelenamento, della semplificazione e della vanificazione di ogni sforzo “culturale” volto a costruire una comunità di uomini liberi e uguali.