La peste suina africana arriva nel cuore della terra del prosciutto di Parma e fa tremare la Food Valley emiliana. Dopo il ritrovamento di una carcassa di cinghiale risultata positiva alla peste suina africana (Psa) nelle campagne di Varano de’ Melegari – rientrante nel territorio del Consorzio – l’Unione europea ha imposto l’estensione della zona di restrizione II (una sorta di “zona arancione”) a numeri comuni parmensi, tra cui anche altri – come Collecchio e Sala Baganza – dove si produce il pregiato salume Dop. Le zone di restrizione II sono quelle in cui sono stati riscontrati casi di peste suina africana in cinghiali selvatici: qualora la malattia (che, ricordiamo, non è comunque pericolosa per l’uomo) passasse ai suini domestici, si passerebbe alla restrizione III, la massima, una sorta di “zona rossa”.
Il pericolo è grande, anche perché in pratica tutti gli altri comuni del Consorzio, a partire da Langhirano, sono già in “zona gialla”, senza infezioni, ma considerata a rischio perché contigua a zone infette. Già con la “zona arancione”, il Canada si è aggiunto ai Paesi che hanno chiuso le porte al Prosciutto di Parma. Cina, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Messico che intraprendone una politica protezionistica, avevano già chiuso a inizio 2022 il proprio mercato indistintamente a tutti i prodotti a base di carne suina provenienti dall’Italia. Se lo facessero altri Paesi come Stati Uniti, Germania e Francia, sarebbe la fine.
Come aveva ricordato poche settimana fa a Reggio l’assessore regionale Alessio Mammi, “il valore delle produzioni suinicole solo in Emilia-Romagna è pari ogni anno a un miliardo di euro, con notevoli benefici non solo economici ma anche sociali per tutto il territorio, e un danno al settore porterebbe ripercussioni su tutto l’indotto, con conseguenze gravi per le comunità”.
“Il blocco all’export significherebbe sacrificare il 30 per cento delle vendite dei prosciutti Dop – conferma il presidente di Assosuini, Elio Martinelli – I principali mercati esteri per il Prosciutto di Parma sono Usa, Francia e Germania: se chiudono le frontiere anche loro allora resteremo con i maiali negli allevamenti e i prosciutti nei prosciuttifici e sarà una catastrofe per i 4mila allevamenti italiani e per i trasformatori ma anche per tutto l’indotto”. E la colpa è delle istituzioni, ancora una volta troppo lente nel prendere le decisioni. “Nel gennaio 2022 si sarebbe dovuta circoscrivere l’area dove in Liguria fu rinvenuto la prima carcassa di cinghiale positivo alla Psa ed eliminare, con abbattimenti mirati, gli ungulati potenzialmente infetti – aggiunge – Non si è fatto e in questi due anni è mancata anche un’azione determinata e organizzata. Mentre noi allevatori abbiamo blindato dall’estate scorsa gli allevamenti, con le reti e le protezioni, nel contrasto dei cinghiali infetti non è stato fatto nulla”.
Si mostra tuttavia tranquillo Alessandro Utini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma: “Le elevate garanzie sanitarie fornite dalla lunga stagionatura del nostro prodotto permettono di mantenere aperti importanti sbocchi per l’export come gli Stati Uniti e l’Australia – dichiara – L’unico cambiamento di rilievo riguarderà le esportazioni in Canada, Paese verso il quale le aziende produttrici situate in zone di restrizione II non potranno più spedire il loro prodotto. Da parte nostra l’auspicio è che tutte le iniziative intraprese dal Ministero della Salute, dal Commissario Straordinario alla Peste Suina Africana, dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e dalle Regioni competenti portino al contenimento ed eradicazione del virus, e a tutti va l’invito a compiere un ulteriore sforzo per raggiungere al più presto questo fondamentale obiettivo”.
“Stiamo lavorando per evitare il blocco dell’export – spiega il ministro delle Politiche agricole Francesco Lollobrigida – sarebbe un danno enorme in termini economici. Stiamo cercando di convincere l’Ue a permettere regolamenti che diano garanzia dei prodotti esportati rispetto alla sicurezza animale”.
Questi i comuni inseriti nella Gazzetta ufficiale dell’Ue con il regolamento di esecuzione 1171/2024, a seguito del ritrovamento di carcasse di cinghiale infette nella provincia di Parma.
Zona sottoposta a restrizione I, senza infezioni ma considerata a rischio perché contigua a zone infette: Lesignano de’ Bagni, Soragna, Montechiarugolo, Fontanellato, Parma, Fidenza, Fontevivo, Langhirano, San Secondo Parmense, Traversetolo, Tizzano Val Parma, Palanzano, Neviano degli Arduini, Monchio delle Corti, Solignano, Corniglio.
Zona sottoposta a restrizione II, in cui sono stati riscontrati casi di peste suina africana in cinghiali selvatici: Sala Baganza, Fornovo di Taro, Terenzo, Collecchio, Solignano, Varano de’ Melegari, Noceto, Medesano, Felino, Salsomaggiore Terme, Pellegrino Parmense, Calestano, Bore, Tornolo, Bedonia, Compiano, Albareto, Bardi, Borgo Val di Taro, Varsi, Valmozzola, Berceto.
Attualmente in Italia solo alcuni comuni nelle province di Nuoro e Reggio Calabria sono sottoposti a restrizione III.
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