Venerdì 22 marzo, alle ore 21.00 presso la Sala dell’Antico Portico di Palazzo Ducale, si terrà “Giochi di parole”: incontro con Ermanno Cavazzoni.
➡️ Evento parte della rassegna “Note oltre i confini” a cura dell’Associazione Amici del Quartetto “Guido A. Borciani”.
In musica il termine “gioco” ha un’importanza centrale, e viene usato in modi molto diversi. Nella maggior parte delle lingue occidentali “suonare” e “giocare” sono sinonimi: per significare l’atto di suonare uno strumento gli anglosassoni dicono to play, i francesi jouer, i tedeschi zu spielen. Sembra insomma che l’attività musicale abbia un intrinseco aspetto ludico (il “gioco della musica”, il puro piacere di fare musica insieme), che in molti casi si mostra già a livello linguistico.
Nulla di strano, quindi, che i musicisti abbiano spesso sviluppato un repertorio di musiche “giocose”, e a volte perfino dichiaratamente umoristiche, che va dai “Madrigali rappresentativi” tardocinquecenteschi (che spesso si ispirano perfino alla Commedia dell’arte) alle opere buffe del XVIII e XIX secolo, e che attraversa anche la musica puramente strumentale: basta pensare ai numerosi Allegri giocosi, agli Scherzi e Scherzando del repertorio Classico, o alla proliferazione ottocentesca di composizioni intitolate Burlesca o Umoresca. Abbiamo quindi chiesto ai musicisti e agli ensemble presenti al Festival di immaginare dei programmi che comprendessero brani appartenenti a questo filone: gli ascoltatori potranno quindi godersi il clima scherzoso e giocoso di capolavori come il Quartetto op. 33 n. 2 di Haydn (forse il più grande umorista nella storia della musica, al quale il Festival dedica ampio spazio), i Pechés de Vieillesse di Rossini e il “Trio dei Birilli” di Mozart accanto a proposte più imprevedibili come la musica degli Abba o i Brindisi conviviali scritti dai grandi compositori viennesi. In altri casi il “gioco” è basato sul contrasto (Quartetto “Serioso” op. 95 di Beethoven), o sul dialogo virtuale tra autori in apparenza lontanissimi tra loro (Verdi e
Weinberg, per esempio).
Un ambito musicale specifico nel quale i compositori hanno esplorato l’idea del gioco è naturalmente quello della didattica e delle musiche per l’infanzia: basta pensare alle Kinderszenen di Schumann, a Jeux d’Enfants di Bizet, a Children’s Corner di Debussy, per non parlare delle innumerevoli Filastrocche e Nonsense composti da musicisti del secolo scorso come Stravinskij, Ligeti o Petrassi. Un’intera sezione del Festival è riservata proprio al valore didattico della musica, intesa allo stesso tempo come gioco e come scoperta di sé e del mondo attraverso i suoni: sono
quindi previste iniziative per le scuole, “cacce al suono” interattive e concerti monografici, che propongono celebri composizioni per l’infanzia come L’Histoire de Babar di Francis Poulenc.
Un caso particolare, molto diverso ma altrettanto affascinante, è quello dei giochi linguistici o matematici espressi attraverso la musica: nel corso dei secoli i musicisti hanno basato le proprie composizioni su quadrati magici, simbologie numerologiche, proporzioni, sezioni auree, perfino frattali e figure geometriche complesse. Alla stessa categoria appartengono alcuni artifici sonori usati con enorme frequenza nel corso dei secoli, dai grandi Fiamminghi del Quattrocento come da Bach, Beethoven o Brahms: gli echi (la stessa frase suonata forte e piano, per esempio), le inversioni (le note di una melodia vengono invertite nello spazio in una sorta di fantastico gioco di specchi: una
frase ascendente diventa discendente, e così via), i palindromi (suonare o cantare una successione al contrario, cominciando dall’ultima nota e finendo con la prima). “Giochi” musicali di questo tipo si ritrovano in molti brani eseguiti durante il Festival, e costituiscono quindi una sorta di filo rosso nascosto che attraversa e unisce tra loro i diversi appuntamenti.
Giochi, di Giovanni Bietti, è un progetto compositivo che in un certo senso si riallaccia a quest’ultimo filone, fondendolo con l’idea ludica del suonare e del condividere la musica con il pubblico. Quattro brani per quartetto d’archi, ognuno dei quali esplora musicalmente uno specifico “gioco” (Gioco di specchi, Gioco di colori e così via) che coinvolge gli esecutori e gli ascoltatori: ai primi si chiede, prima dell’esecuzione, di spiegare ai secondi quali siano le “regole del gioco”, i principi costruttivi sui quali è basato ogni singolo brano. Il progetto prevede un’esecuzione “corale”: quattro quartetti d’archi in un singolo concerto, ognuno dei quali esegue uno dei Giochi. E al termine del concerto i quattro gruppi si riuniscono e suonano insieme. (Giovanni Bietti)
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!