I luoghi abbandonati ci attraggano come i pesci all’amo. E a Reggio Emilia ce ne sono diversi, basti pensare, per rimanere in centro storico e poco oltre le mura storiche: alla grande villa di viale Monte Grappa 26, o all’ex casa cantoniera, poco distante, di viale dei Mille, o all’ex scuola di via Cialdini, tutti luoghi che sono stati anche rifugio di umanità varia e di cui abbiamo raccontato la storia in altri articoli.
E ce ne sono sicuramente molti altri, ma noi vogliamo soffermarci su un luogo fantasma molto speciale, un ex salumificio industriale che non si trova nella zona nord della città – nei decenni passati cuore industriale di Reggio Emilia – bensì sul versante opposto a ridosso delle mura dell’esagono, all’interno di un quartiere residenziale. Chi va in via Monte Ventasso, laterale di via Cecati, si troverà davanti quello che resta dello stabilimento dell’ex Società industria salumi emiliani (Sise), costituitasi nel 1950, cessando la produzione di mortadelle nel 1998. Nel 2010, la società chiude definitivamente e nel 2017 viene cancellata dal registro delle imprese.
Nel 1997, Sise si era fusa per incorporazione all’Angelini Alimentari Spa, che aveva sede in via San Giuseppe, 1 a Reggio Emilia. Un’operazione che coincide, all’incirca, con la fine della produzione e che lascia nel quartiere tutta una serie di problemi igienico-sanitari e sociali.
Alcuni anni prima, nel maggio del 1989, lo stabilimento va in fiamme, poi la produzione riprende, come abbiamo detto, fino al 1998. Da quel momento in poi il degrado dell’area avanza inesorabile.
Già nel 2010, l’area degradata della fabbrica dismessa, come si legge in un articolo della Gazzetta di Reggio: «Crea preoccupazione negli abitanti perché è diventata ricettacolo di rifiuti e di immondizie».
Infatti, nell’area della ex fabbrica vi era dell’amianto, un materiale altamente pericoloso perché cancerogeno., la cui bonifica è avvenuta, probabilmente, in due momenti diversi.
Nel 2016-2017, l’assessorato Ambiente del Comune di Reggio Emilia ci ha detto che «la proprietà ha eseguito la bonifica da amianto producendo la documentazione prevista dalla normativa e indirizzandola all’Asl. Vagliata la regolarità della procedura, l’Asl ha chiuso la pratica», riferendosi, probabilmente, a «dei grossi vasconi in cemento e amianto abbandonati nel cortile dell’azienda», come riporta l’articolo citato. Un luogo che, tra l’altro, allora dava «ospitalità a tanti senzatetto».
Nel febbraio del 2020, la situazione ambientale dell’area dell’ex stabilimento di mortadelle era ancora critica. Infatti, poco dopo, in seguito alle segnalazioni dei residenti «è stata fatta una bonifica da amianto riguardante la rimozione di una tettoia di 60 metri quadri e 8 parti di fabbricato per un totale di 1500 metri quadri» come dichiara l’assessorato Ambiente.
Ancora oggi ci troviamo di fronte allo stesso livello di degrado, anche se bonificato.
Resta quindi da capire che cosa può fare il Comune in questi casi. Lo abbiamo domandato ad Alex Pratissoli, vicesindaco con delega alla Rigenerazione urbana.
«Un’area, in via eccezionale, può essere espropriata per pubblico interesse come avvenuto, ad esempio, per l’Enocianina Fornaciari di viale IV Novembre destinata ad ospitare la nuova sede del Comando della Polizia locale. A tal fine, l’ente espropriante, deve detenere un progetto di rilevante interesse pubblico, ad esempio un programma di rigenerazione urbana, e aver individuato le risorse per realizzarlo. Questi sono gli elementi fondamentali alla base di un esproprio per pubblica utilità.
L’amministrazione ha nel mirino delle aree con questa rilevanza?
«Avvalendosi di questi principi normativi, l’Amministrazione comunale ha posto vincoli di esproprio su alcuni ambiti urbani nei quali, a fronte dell’inerzia del privato, potrebbe come ultima ipotesi intervenire il pubblico fra cui: l’ex centrale Enel di via Gorizia, l’ex Cepam di viale Ramazzini, le aree ex Officine Reggiane non ancora riqualificare».
Mi sembra di capire che sono procedure “straordinarie”
«Sì, non può rappresentare lo strumento ordinario per la rigenerazione urbana, che è fondato, invece, sul partenariato pubblico-privato, in cui si condividono competenze tecniche ed economiche per la realizzazione di interventi di interesse della collettività. È appunto quello che è avvenuto in questi anni al Parco Innovazione alle Reggiane».
Per l’area dell’ex salumificio Sise quali sono le condizioni?
«Questo quadro di condizioni, nel loro insieme, non si realizza ad oggi per l’area di via Ventasso».
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]