Don Borghi, dal sacrificio alla purezza

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Un padre, al quale è appena morta la figlioletta, invoca l’intervento di Gesù. Mentre si avvicinano alla casa, una donna, che soffre di perdite di sangue, riesce a toccare il suo mantello e sull’istante viene guarita. Gesù si trova coinvolto in due atti scorretti, per la Legge di Mosè, anzi, il secondo lo compie lui, deliberatamente. Per la Legge, è fondamentale la distinzione tra puro e impuro: ci sono persone, animali, oggetti, comportamenti impuri. In particolare, si diventava impuri toccando il sangue o toccando un morto. Secondo la legge, la donna che soffre perdite di sangue, è dunque impura e contagia Gesù con questa sua impurità. Gesù, poi, fa di peggio: risuscita la bambina, con un contatto forte e deliberato, prendendo per mano la piccola morta.

Questo contagio col sangue, con la fragilità umana e con la morte, esiste. Gesù non si sottrae e addirittura lo provoca. Vi è la volontà di abbattere ogni barriera: egli è venuto per questo, per abbattere le separazioni tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e l’uomo, anche se questo ha un prezzo: “Dio ha fatto pace con il sangue della croce di Gesù sia con le cose che sono sulla terra, sia con quelle che stanno in cielo”, dice san Paolo nella Lettera ai Colossesi (1,20). Ma c’è un motivo ancora più profondo: il contagio è reciproco, anche Gesù contagia i poveri, i malati, i peccatori, comunicando loro la sua purezza, che è il rapporto con un Dio, che con la Croce ha acquisito il diritto di perdonare anche i delitti più orrendi.

Questa missione Gesù la trasmette ai suoi discepoli, a noi.

Don Pasquino Borghi ha vissuto ambedue le dimensioni. Si è lasciato contagiare dal male, lo ha subito nella sua persona, fino alla morte. Per questo, lo consideriamo nostro fratello. Nello stesso tempo, ha restituito la purezza a chi era corrotto dal male, al ragazzo che aveva partecipato alla sua uccisione. Il perdono è l’apertura della prospettiva di una vita nuova: così è stato per Sergio, che ha sentito irrompere nella sua vita il perdono di don Pasquino.

Anche per noi, persone come don Pasquino sono importanti. Esse fanno entrare nella storia una forza di purificazione. Cosa sarebbero quegli anni terribili senza figure come lui? E’ grazie a lui e a persone come lui, che hanno accolto in sé il male e ne hanno subito il veleno fino alla morte, che possiamo guardare a quegli anni senza vergogna e attingere buona volontà per il futuro.

Penso anche alle guerre in corso, in Ucraina e in Israele – Palestina. Come sarà possibile spezzare la catena dei delitti e delle vendette? L’impurità della guerra e della violenza mortale sembra non avere argini. L’odio corrompe nel più profondo i cuori umani, al punto che le formule diplomatiche e le prospettive geopolitiche sembrano inconsistenti.

Da dove verrà la purificazione da tanto male? Da coloro che sono i più vicini a Gesù, i piccoli, i poveri, e da coloro che perdoneranno, come dice san Francesco, nel Cantico delle Creature: “ Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,et sostengo infirmitate et tribulatione.. Beati quelli che ‘l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo,saranno incoronati”. Il suo omologo russo, san Serafino di Sarov, dice: “Lo Spirito Santo riempie di gioia tutto ciò che tocca … Acquisisci uno spirito pacifico e migliaia intorno a te si salveranno”.

Il nostro compito sarà quello di riconoscere i don Pasquini, nascosti nella nostra storia, di amarli e di metterci alla loro scuola. Per don Pasquino, la luce che ha guidato la sua vita e le sue scelte è stata la carità, quella carità che egli attingeva al sacrificio di Gesù, da lui celebrato ogni giorno nella Messa. L’ultima Messa l’ha celebrata quel mattino di ottant’anni fa, offrendo se stesso.