Il reggiano Matteo Caramaschi, imprenditore agricolo reggiolese, è stato confermato presidente di Confcooperative Terre d’Emilia, incarico cui era stato chiamato il 20 febbraio 2023, all’atto della fusione delle Confcooperative di Reggio Emilia, Modena e Bologna che ha dato vita alla nuova realtà aggregativa emiliana.
Caramaschi guiderà così per il prossimo quadriennio una centrale cui fanno capo 620 cooperative con 139.000 soci, oltre 46.500 dipendenti e 8,5 miliardi di fatturato.
“Una realtà in crescita – ha detto Caramaschi – che punta a nuovi obiettivi di sviluppo improntati a innovazione e sostenibilità e ha tre specifiche da affrontare con gli altri soggetti dello sviluppo territoriale: il lavoro, la dignità del socio-lavoratore e la tenuta del sistema di welfare”.
Proprio sul tema del lavoro uno degli affondi di Caramaschi: “servono urgentemente revisioni dei prezzi negli appalti pubblici e privati e servono azioni pubbliche su una committenza privata che formalmente si richiama a principi di responsabilità sociale e, nei fatti, negli affidamenti di servizi non è rispettosa neppure dei contratti nazionali di lavoro”.
E ancora, a proposito di socio-lavoratore: “l’assunzione di un rischio d’impresa deve essere sostenuta, favorita e incentivata laddove la proprietà è collettiva e laddove i profitti vanno a riserva indivisibile, puntando a far sì che le differenze tra lavoratore dipendente e socio-lavoratore non giochino a sfavore di quest’ultimo”.
“Siamo in presenza – ha detto il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – di ingiustizie sociali, fenomeni speculativi, lacerazioni tra categorie, comunità e persone che renderebbero indispensabile un rilancio dell’esperienza e dell’agire cooperativo, ma in realtà scontiamo culture e azioni che tendono ad appiattirne l’originalità in materia di lavoro, di relazioni con le comunità locali, di ruolo del socio e del socio-lavoratore, negando, nei fatti, la funzione sociale della cooperazione ed insidiando, in diversi casi, la sua tenuta imprenditoriale”.
Ecco perché, secondo Caramaschi, “occorre un nuovo patto con il pubblico, con le altre organizzazioni d’impresa, con i sindacati dei lavoratori (con i quali “si scontano fatiche anche quando la crisi di aziende potrebbe trovare risposta nei workers buyout”), ma anche con il mondo della formazione per tornare a parlare di competizione equilibrata, di equità e giustizia sociale, di servizi alla persona inclusivi e sostenibili, di competenze adeguate ai contesti produttivi e di servizio, di regolarità e inclusione lavorativa, di autoimprenditorialità e, in sostanza, di uno sviluppo che non si traduca in crescita per alcuni e in arretramento per altri”.
Fra i passaggi centrali della relazione di Caramaschi, un ampio capitolo ha riguardato il comparto agroalimentare, oggi segnato da manifestazioni di protesta in diversi parti d’Europa e in Italia.
“Abbiamo bisogno – ha detto il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – di politiche nazionali ed europee che ci aiutino ad affrontare in modo del tutto nuovo le sfide che vive un settore agricolo ed agroalimentare che non può continuare ad oscillare tra buone prospettive che alimentano gli investimenti e profonde crisi che, oggi, ci debbono anche interrogare sul valore di un modello che ha privilegiato quelle specializzazioni che sono sì distintive per il nostro Paese, ma espongono le imprese ai rischi connessi alle monocolture senza che vi siano meccanismi efficaci di tutela nelle situazioni di crisi”.
L’assemblea di Confcooperative Terre d’Emilia – cui ha partecipato il presidente nazionale di Confcooperative, Maurizio Gardini – si è conclusa con l’elezione del Consiglio generale dell’organizzazione.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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