620 imprese associate con 139.000 soci, oltre 46.500 dipendenti e 8,5 miliardi di fatturato; è con queste cifre che Confcooperative Terre d’Emilia (nata 11 mesi fa dall’integrazione delle Confcooperative di Bologna, Modena e Reggio Emilia) si presenta all’assemblea generale in programma lunedì 29 gennaio al Forum Monzani di Modena.
Un’assise che, tra l’altro, è chiamata all’elezione dei nuovi organi di governo dell’associazione, la più grande, a livello interprovinciale, del sistema nazionale di Confcooperative).
“Giungiamo a questo appuntamento – sottolinea il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia, Matteo Caramaschi – con saldi in crescita per quel che riguarda l’occupazione, il fatturato e i soci, avendo anche alle spalle numerosi processi di integrazione che hanno irrobustito il sistema e una attività di promozione che ha generato la nascita di diverse nuove imprese, soprattutto nelle aree interne”.
“Valori importanti e soddisfacenti – prosegue Caramaschi – che, però, richiedono anche nuove azioni sia interne che esterne per consolidare migliori prospettive di sviluppo in un contesto economico generale in rallentamento e a fronte di bisogni sociali in aumento”.
Nonostante il buon bilancio del sistema, infatti, Caramaschi individua anche criticità che, in prospettiva, non garantiscono un futuro lineare. “A partire- dice – da un comparto agroalimentare che conta 18.500 soci, 991 dipendenti e che ha portato il fatturato a 5,2 miliardi di euro (200 milioni in più in un anno), ma sul quale pesano quotazioni decisamente insoddisfacenti per il vitivinicolo, autentiche devastazioni subite da alcuni segmenti dell’ortofrutta e remunerazioni al di sotto dei livelli attesi nel lattiero-caseario, che dopo un anno mostra comunque qualche segnale di ripresa”.
“Questioni da risolvere – aggiunge Caramaschi – sono evidenti anche per le imprese impegnate nel welfare, che contano oltre 10.500 occupati e sono fortemente impegnate nei servizi alle persone e alle comunità, ma che registrano una progressiva riduzione della marginalità”.
“Nell’area del lavoro e dei servizi, che con 22.700 lavoratori rappresenta il 48% del totale degli occupati nelle nostre imprese – prosegue il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – continuiamo a scontare forme di dumping contrattuale, la presenza di imprese irregolari e normative che mortificano il ruolo dei soci-lavoratori, che per noi rappresentano una quota del 57% sul totale degli occupati”.
“Per ridare stabilità a percorsi di sviluppo possibili e necessari – afferma Caramaschi – occorrono innanzitutto maggiori certezze per i percorsi d’impresa, cioè politiche di sviluppo e provvedimenti che non siano oggetto di continue deroghe, cambiamenti, blocchi e ripartenze che frenano gli investimenti; contestualmente occorre anche un nuovo patto tra pubblico e privato nell’area del welfare, perché al lavoro, alle competenze e alla funzione pubblica che svolge la cooperazione corrispondano trattamenti economici che salvaguardino la stabilità e lo sviluppo delle imprese”.
Dal presidente di Confcooperative Terre d’Emilia, poi, un affondo più ampio sulle politiche a sostegno dell’impresa cooperativa e dell’autoimpiego.
“Negli ultimi due anni – osserva Caramaschi – abbiamo registrato una forte crescita della cooperazione nell’area del consumo e dell’utenza: due segmenti che, insieme alle cooperative di comunità ci dicono esemplarmente – con un numero di soci che ha superato le 17.000 unità – quanto i cittadini abbiano bisogno di aggregarsi per tutelarsi anche da fenomeni speculativi. Ciò nonostante, lo sviluppo della cooperazione nel suo complesso è mortificato da politiche che tendono ad appiattirne il ruolo e non stimolano forme di autoimpiego, soprattutto dei giovani, attraverso la partecipazione a progetti d’impresa”.
“Dalle politiche per l’abitare all’agroalimentare, dai servizi all’impresa a quelli alle persone, dai servizi educativi alla sanità – conclude il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – occorre allora un’azione concreta di sostegno allo sviluppo di un’impresa cooperativa che resta uno degli strumenti fondamentali per generare uno sviluppo inclusivo, partecipazione ai processi produttivi e una più equa distribuzione della ricchezza”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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