Si avvicinano le elezioni comunali e, come sempre accade, la politica impazzisce.
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La presente rubrica ha conosciuto da vicino tutti i sindaci di Reggio Emilia, escluso Campioli, sindaco del post-liberazione. Per questo ricorda con precisione le derive psicopatologiche dei soggetti prossimi alla perdita del potere diretto e quotidiano.
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Fare il sindaco coinvolge la mente umana molto più di incarichi anche di rango assai superiore. Fare il sindaco è più impegnativo e gratificante di quanto sia fare il ministro. Essere sindaco equivale a sentirsi il principe della città, il leader, il capo. Tutti lo riconoscono, lo cercano, gli parlano. È droga pura per l’ego.
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Ne uscirono sani Bonazzi (perché andò in Senato) e Graziano Diomio! (perché andò al governo con Matteuccio Renzi). Anche a Fantuzzi andò liscia scegliendo l’Europarlamento, dove si lavora poco e si guadagna bene.
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Ugo Benassi detto Bokassa, pace all’anima, venne silurato dopo undici anni in municipio da un patto miglioristi-socialisti e cadde in depressione. “La città è amareggiata”, diceva, parlando di sé in terza persona. Il seggio in Senato non lo consolò, al di là dell’aspetto economico. Non sapendo cosa fargli fare lo misero alla commissione Antimafia – lui, che veniva da Valestra, frazione di Carpineti.
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Con Antonella Spaggiari detta la Zarina andò anche peggio. Stava in Comune da tredici anni, ma l’idea di trasferirsi le risultava insopportabile. Nominò due giannizzeri nel consiglio della Fondazione Manodori affinché vi fosse eletta alla presidenza. Aveva bisogno di restare anche fisicamente vicina al potere municipale. Infatti la distanza tra piazza Prampolini e palazzo Pratonieri, allora sede della Manodori, è di cinquanta metri scarsi.
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Dalla fondazione la Zarina cercò di fare l’anti-sindaca. L’identificazione con la città fu spasmodica e immarcescibile. Cinque anni dopo, con Graziano OMG già in sella, tentò di mettere insieme una lista civica insieme al destro-massonico Franco Bonferroni detto il Bonfo in opposizione al centrosinistra. Credeva di andare al ballottaggio, prese il 2,7%. Cinque anni da misera consigliera di minoranza, del tutto irrilevante, là dove aveva spadroneggiato per tredici anni, furono insieme nemesi e punizione della sua ira funesta.
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Oggi con Prudencio ci siamo dentro fino al collo. Il sindaco uscente è in piena fase spaggiariana in versione era digitale. Da mesi celebra se stesso e il proprio mandato come se Reggio avesse attraversato con lui un’età dell’oro. Come mai nessuno prima di lui, ha organizzato – ovviamente con fondi pubblici – un evento celebrativo del proprio mandato con ospiti a suo avviso illustri, di sincera fede democratica.
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Nei social il sindaco deborda. Spende soldi (non suoi) per pubblicizzare su Facebook il convegno di autocelebrazione, dove non si capisce cosa vengano a fare messi insieme personaggi quali Barca, Mancuso, perfino la Melandri. Al Teatro Municipale, per di più. Fosse cattolico, Prudencio si presenterebbe alla Ghiara.
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Ovviamente le recenti vicende di cronaca nera e l’aggravarsi della cosiddetta “sicurezza percepita” vengono ignorati dal sindaco uscente. In stazione i giovani immigrati si ammazzano a coltellate, le babygang imperversano in mezzo centro storico, ogni giorno ce n’è una e Vecchi si comporta come Maria Antonietta: manca il pane? Mangino brioches.
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Ma Vecchi ormai è il passato. Il presente urgente vede ancora un Pd in stato confusionale, diviso, scazzato, incapace di trovare la quadra. Come dire: un vero Gazzabuglio.
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Lanfranco De Franco sembra aver capito che la sua autocandidatura non sarà accolta, dunque ora il problema sarà di trovargli un posto. Di lavorare non se ne parla.
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Marco Massari sta incontrando riservatamente-si-fa-per-dire un sacco di addetti ai lavori, i quali di norma escono sotto choc: ma questo ha capito di cosa stiamo parlando?
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Se De Franco non passa e Massari non convince, le voci su una possibile candidatura dell’ex assessora Valeria Montanari, oggi in Regione a capo dello staff di Alessio Mammi, prendono quota. Donna, 47 anni, ampia esperienza politica e amministrativa non solo locale. Potrebbe avere chances.
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E tuttavia, come si diceva un tempo, il problema è politico. Nel senso che il Pd sinora non è neppure stato in grado di definire il perimetro del centrosinistra cittadino. Il cosiddetto “campo largo” non atterra. Cosa faranno i grillini? Boh. Sono spaccati perlomeno in due. Cosa farà Claudio Guidetti, la cui corsa al timone di Azione va alla grande, con addirittura l’apertura di una sede del partito e la prossima benedizione di Carlo Calenda?
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Guidetti sa che candidandosi sindaco in solitaria porterebbe il centrosinistra a un sicuro ballottaggio. Ipotesi che lo tenta, soprattutto dinanzi alle incertezze di un Pd fermo al 30% e lontanissimo dalla vittoria al primo turno.
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Cullati dai ricordi del passato ulivista, i dem reggiani non si sono accorti che i tempi sono cambiati. Col 30% non puoi occupare il 99% del potere locale. Per vincere oggi non basta la pregiudiziale antifascista o il racconto della propaganda gaudente di un sindaco miope. Anche perché in Italia tira un vento di destra e il 9 giugno si voterà anche alle europee.
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Comunque si annuncia una campagna elettorale come sempre divertente. Ci sono almeno venti gruppi di amici estranei alla politica che stanno lavorando a progetti di liste civiche. Le aspirazioni volano e si moltiplicano.
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La lista civica Tarquini appoggerà l’avvocato compagno di studio di Giuseppe Pagliani accanto a Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Il soggetto è digiuno di politica: un ballottaggio tra lui e Massari sarebbe devastante. Ma la destra ha il vento in poppa a Reggio, cosa che il Pd guazzabugliato non riesce a vedere.
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Temendo di non fare il quorum, i micro-laici si sono messi insieme. Mauro Del Bue crede di esserne il capo e tenta di vendere voti socialisti che non ha, un po’ come Totò quando cercava di vendere la fontana di Trevi.
Si segnala anche una superstite area lettiana che vorrebbe infilarsi nei giochi e candidare Emanuele Cavallaro sindaco di Reggio. Improbabile che l’operazione riesca. È più probabile che Cavallaro sostituisca a suo tempo Giorgio Zanni alla presidenza della Provincia. O che entri nella prossima giunta comunale.
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In caduta libera i “vecchisti” della giunta. Usciranno tutti o quasi: chi tornerà al lavoro (Pratissoli, Tria, Curioni) e chi resterà in politica (De Franco). Potrebbe rimanere in quota verde Carlotta Bonvicini.
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Caso Capelli. Stendiamo un velo pietoso. Altra medaglietta per Prudencio.
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Gran casino finale in area DDL e affini. Coalizione civica si unirà a un pezzo di grillini, a quelli di Rec e di Possibile per segare voti a sinistra. Un po’ di Cgil fingerà di appoggiare l’attivissimo De Lucia per alzare la posta nella trattativa col Pd (la vecchia scuola sindacale funziona sempre). Il punto è che, anche a cercarlo, il Pd non si trova più. Un vero Gazzabuglio.
Come mai ? Perche’ descrivere azioni di gente che arruggini’ la condizione sociale ? Come mai si pubblica un certo ceto, quando questi non fecero il meglio. Allora io penso che ci sia da vergognarsi ad essere politici quando nessuno ti possa dare una sicurezza, una tranquillita’ sociale. Annunciamo di andarcene a fare….,.
Da sbellicarsi dalle risate! Poi la tua lucidità e il giusto cinismo prendono il sopravvento ed è allora che a denti stretti ti mando un – grazie Max, ad maiora.