Il quarto live di XFactor si è chiuso, dunque, con una doppia eliminazione.
Sulla qualità dei concorrenti non si discute troppo, arrivati a questo punto si fa sempre più dura, è evidente; ma in certi casi non guasterebbe un briciolo di fair play in più.
Se la “giostra”, con votazione da casa, mette alle strette Selmi; nel secondo atto è Ambra l’ago della bilancia. Lei non si piega. Pur di far vedere che è una donna coerente, che si assume le proprie responsabilità – tipo la mamma che non te lo manda a dire e che ti mette in punizione a prescindere, perché non ti <<saresti dovuto permettere>> – non lancia il tilt. Fuori anche i SickTeens dunque, che non nascondono una certa felicità, sebbene apparente.
In fondo, quando esiste un malessere nel proprio nido, il piccolo lo coglie sensibilmente e appena può infila la porta, o fa di tutto per farsela aprire.
Del resto, come si può credere di riuscire ad esibirsi con leggiadria, a concentrarsi, o ancora a “gasarsi” in un clima così teso.
Le polemiche tra i giudici – che non sono altro che esseri umani e dimenticano di essere qui, per la propria squadra, ben più di una guida – cominciano dai corridoi e ancor prima che cominci la diretta.
La memoria dell’uomo funziona benissimo quando viene ferito. Ci sono battute infelici, frasi incomprese, ma anche rancori che ci si trascinano per giorni, settimane, mesi e che – velati saltuariamente di poetica indifferenza – riemergono con violenza e poi travolgono come un fiume in piena.
E se Dargen “parte per la tangente” senza che la cosa abbia il minimo senso per il pubblico che non sa e non può sapere cosa sia successo durante la pubblicità, Morgan – all’inzio – riesce anche a contenere la catastrofe, anche se a discapito dell’esibizione di Maria Tomba, che viene bellamente ignorata, innescando in Fedez, il suo mentore, il rancore giusto a dichiarare una guerra.
C’è anche da dire che, onestamente, mentre si assiste alla creazione spontanea di fazioni distinte e mentre le truppe si armano davanti ai propri occhi e si comincia ad annusare a monte l’odore di sangue, se si è Guest e si ha quindi lo scettro del potere, bisognerebbe anche avere il coraggio di prendere una posizione, o quanto meno di mettere tutti a tacere.
Ma la Michielin – senza nulla volere – non ha questo superpotere, un mix di esperienza e abilità, condito di padronanza e maturità.
È bello vedere i nostri concorrenti supportasti e creare delle bellissime amicizie 🫶🦋
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— X FACTOR (@XFactor_Italia) November 17, 2023
Comincia quindi un processo alle intenzioni, pieno di humour tagliente e accidia, che non risparmia nessuno e culmina sull’esibizione finale, quella de Il solito dandy, quando ormai ti dici che forse riusciranno a contenere i loro risentimenti e si potrà volgere ad una fine, ma no, era una pia illusione.
Perché le anime nobili, una volta ferite nell’orgoglio, con consapevolezza si spingono oltre il limite, per gridare alla mancanza di un confronto per loro necessario prima che costruttivo, fino alla rottura.
E magari palesando il malessere con coup de théâtre; perché per dare alla luce Afrodite che emerge dalla spuma del mare, prima devono abissare e devono farlo in quel preciso istante in cui sentono che anche l’altro è alle corde, che agli angoli del ring manca un solo alito di vento per stendere entrambi i pugili.
E’ solo a quel punto – perché se dev’essere l’ultimo respiro, che l’ultimo respiro sia almeno di fuoco – quando l’anima nobile sta ormai lottando in solitudine coi propri demoni e poco gli frega di bruciare e bruciare insieme a chi gli sta appena un passo dietro – che anziché fermarsi spinge ancora di più, forte dell’arma che porta in seno: verità e cultura, che gettate – però – con troppa veemenza sul sordo o sullo stolto, diventano un boomerang.
E’ così che Morgan come un tarlo ha innescato nei “suoi” quella maschera d’imbarazzo e insicurezza che si sono tradotte, come un urto, in incertezza e approssimazione.
No, non hanno acceso nessuna indimenticabile miccia l’altra sera nel quarto live sul palco di xfactor, ma loro, i SickTeens sono più bravi di così, ma non sono rodati a subire emotivamente le onde d’urto delle rotture di copione di una puntata nata storta; e sebbene siano ancora acerbi sotto alcuni punti di vista, sono stati travolti dal caos esistenziale attorno a loro e risucchiati dal vortice, sentendo – prima ancora che arrivasse – l’eliminazione.
Il silenzio, sul palco, a volte può premiare – proprio alla “dandy” maniera – ma ci vuole anche maturità (e non propriamente artistica) per domarlo: c’è da dire che i tre ragazzi emiliani, acquistando confidenza nelle settimane, hanno cominciato a parlare fin tanto.
E’ come se non se lo fossero meritati, ma guadagnati: perché erano la punizione migliore (un gruppo fortissimo, stimato e voluto dal proprio giudice fin dall’inizio) e il male minore (giocandosela, in parte, per “filone”, contro gli Stunt Pilots di Dargen).
E non è questione che siano stati i giudici a votare l’eliminazione della band reggiana – anche se probabilmente sarebbe stato più rassicurante andare al tilt – anche il pubblico a quel punto si sarebbe fatto traghettare da Caronte sull’altra sponda, solo per non sentire Morgan gridare alla soddisfazione.
Ma questo, Morgan, già lo sapeva: tanto da abdicare, rompere gli schemi e votare addirittura contro gli stessi suoi artisti in gara, pur di vomitare la nauseabonda insofferenza verso il sistema dello show biz.
Un Morgan avvilito dallo stato di fatto e capace, come il direttore d’orchestra del Titanic, di continuare a suonare abbracciato ai suoi spartiti fino all’ultimo secondo, quello in cui vengono risucchiati nel profondo lui, come tutti i suoi adepti.
Tipo l’autista di uno scuolabus che sterza accelerando verso un muro di cinta anche se a bordo ha l’intera classe di studenti che, basiti, hanno smesso di schiamazzare e lo assecondano verso una fine che chiara non è nemmeno a loro.
Un micro golpe di stato, per dimostrare che non stava farneticando, ma che siamo succubi e complici del sistema: in primis, i suoi colleghi.
Finisce così – con il giudice anarchico in rivolta – la storia dei SickTeens a XFactor.
E’ solo il primo capitolo – glielo auguriamo di cuore – e nel frattempo loro possono solo che crescere; perché sono senza dubbio capaci, giovani, belli, genuini.
In attesa di un sequel, intanto a noi mancherà quel filo di “morbidezza da erbazzone” sul pancino di Alex, che sarà felice di tornare a casa con i suoi compagni di avventura di sempre, anche se lunedì gli mancherà già tutto, come l’aria.
Perché XFactor non è cortisone (quello che peraltro ha salvato questa settimana metà delle voci in gara per colpa delle condizioni meteo) è dopamina. Perché quello che ti permette di fare XFactor in poche settimane, a partire dalle relazioni che instauri e dalle esperienze che vivi, non ti viene permesso a volte in una vita.
E così sia.
Ma fortissimi cosa? Erano l’ennesima band pacco da talent tutto look e poca sostanza, problema che affligge tutto il programma sia chiaro, ma addirittura scrivere un articolo in difesa mi sembra troppo.
Le band, quelle vere, rifiutano anche solo l’idea di presentarsi ad un talent..
Purtroppo in Italia quella artistica è una realtà troppo spesso confusa con la notorietà..