Omicidio Saman, il fratello decide di parlare: “Dirò tutta la verità”

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“Voglio parlare e dire tutta la verità”. T-shirt nera, pantaloni grigi e assistito dall’avvocato Valeria Miari, il fratello di Saman Abbas – la 18enne di origine pachistana strangolata e seppellita in un casolare abbandonato di Novellara – questa mattina ha deciso di testimoniare davanti ai giudici della Corte d’assise di Reggio Emilia. Una decisione non scontata, dopo il colpo di scena della scorsa settimana, quando un’ordinanza letta dalla presidente Cristina Beretti aveva stabilito che il giovane – all’epoca del delitto minorenne –  doveva essere indagato, anche per assicurargli le dovute garanzie, e che pertanto tutte le dichiarazioni rilasciate dal ragazzo contro i suoi familiari erano inutilizzabili.

Il processo per la scomparsa e la morte della giovane Saman, come noto, vede infatti alla sbarra il padre Shabbar Abbas, i cugini e lo zio Danish Hasnain (la madre Nazia Shaheen è ancora latitante, quasi sicuramente nascosta in Pakistan). Proprio il padre, come noto estradato pochi mesi fa dopo una lunga trattativa tra i Governi dei due Paesi, è presente questa mattina nell’aula di Corte d’assise mentre depone il figlio, protetto da un doppio paravento, ma ripreso dalle telecamere. Relative al telefonino utilizzato all’epoca dei fatti, aprile e maggio 2021, e sulle date in cui venne sentito dai carabinieri e dal pm le prime domande rivolte al ragazzo, che ha da poco compiuto 18 anni. E che, poi, durante l’interrogatorio ha ribadito “da piccolo avevo molta paura di mio padre e dello zio  e non potevo dire nulla” e, seppur tra diversi “non ricordo”, ha parlato anche della sera del 30 aprile 2021, l’ultima prima della scomparsa di Saman, riferendo di aver sentito “per oltre mezz’ora”, mentre si trovava sulle scale di casa, il padre che discuteva con lo zio e i cugini pronunciando le parola “scavare” e “passare dietro le telecamere”.