Lo ha detto la segretaria del Partito democratico Elly Schlein alla Festa del Fatto Quotidiano, riferendosi alla trentina di dirigenti genovesi approdati ad Azione e replicando con durezza alle parole del presidente dem e governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Ha detto la Schlein: “Abbiamo svolto un congresso dopo una sconfitta molto dura alle elezioni politiche. In molti si erano espressi parlando di fine del Pd. Così non è stato perchè abbiamo fatto un confronto vero. Questo è il segno di un partito vitale, tutt’altro che morto. Il cambiamento incontra sempre resistenze”. E continua la Schlein: “Quando qualcuno decide di andare viva è sempre un dispiacere, ma se qualcuno non vuole un Pd che si batte per un lavoro di qualità, forse l’indirizzo era sbagliato prima”. E aggiunge: “Se il Pd avesse fatto tutto bene in questi anni, una come me non avrebbe mai vinto il congresso”.
Il presidente del Pd e dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini in una intervista al Domani aveva spiegato: “Sbaglia chi lascia il partito, ma si torni subito a una vocazione maggioritaria. Un Pd piccolo e radicale non serve”. E ha poi aggiunto: “Credo che ci sia bisogno di tutto meno che di questo. Rispetto le scelte di tutti ma non condivido. Batteremo la destra quando smetteremo di rubarci personale politico e lo zero virgola qualcosa”. Detto questo “è essenziale che il Pd recuperi rapidamente la proprio vocazione maggioritaria: abbiamo bisogno di un partito più grande ed espansivo che punti a tornare al governo, non di un partito più piccolo e radicale. Credo che Elly sia la prima a doversi e volersi fare carico di questo”.
Di avviso simile a quello di Bonaccini anche il parlamentare reggiano Graziano Delrio, che si è detto convinto che quando c’è disagio “bisogna rattristarsi non rallegrarsi e farsi delle domande profonde più che pensare che abbia sbagliato partito chi se ne va, e poi tirare un sospiro di sollievo. È giusto che la segretaria segua le sue idee – dice ad Avvenire – ma è necessario che in un partito grande, con tante battaglie in cui tutti ci riconosciamo (la pace, la precarietà o la sanità pubblica) tutti si sentano importanti e che la linea comune sia frutto di un ascolto, non solo di una leadership. Più che la forza della maggioranza devono essere le mediazioni positive lo strumento per evitare abbandoni”.
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