Nel sottotitolo delle mie lettere. a partire dalla primavera del 2020, ho elencato i flagelli che hanno colpito il mondo, flagelli universali o almeno tali da ferire la nostra quotidianità, di noi, che ci siamo frequentemente ritenuti immuni. Il Covid-19 ha avuto la qualifica di pandemia, che vuol dire che esso “ha abitato” tutti gli spazi dell’uomo. Poi, è venuta la guerra, nella quale siamo coinvolti, nel gioco delle alleanze e nella consegna delle armi, con un flusso ampio e costante, così che ci si chiede se non stiamo uccidendo per procura. Poi, è venuto il terremoto, in Turchia e Siria, uno dei più letali tra i recenti: è stato presto dimenticato, non se ne parla più, non si sa che fine abbiano fatto le comunità gia dolorosamente segnate dalla guerra.
Infine, siamo stati colpiti a casa nostra dall’alluvione, in molte parti d’Italia e soprattutto nella nostra regione. Dovrei aggiungere un flagello, al quale ci siamo abituati e che ci accompagna ormai da decenni. Si dice che dobbiamo difendere i confini d’Europa, anche se il prezzo è la morte di tanti innocenti, in mare e altrove. Dovrei dunque allungare la “striscia”, ma ho pensato, invece, di cancellarla. Ci si abitua a tutto, anche al dolore dell’uomo che ci vive accanto. Peggio ancora, si accettano come scontate autentiche bestemmie, come la guerra in Ucraina, nella quale Dio viene arruolato da ambedue i contendenti. Chiedo scusa, se sembro saccente e polemico: che senso ha convocare una grande macchina, quella del “Sinodo”, che ha come tema l’ascolto reciproco, quando le Chiese tacciono e l’Anziano che parla da Roma viene lasciato solo? Ne parlo con dolore e battendomi il petto, perché questa guerra ha messo in crisi anche me, stretto tra il diritto dell’Ucraina alla difesa e, dall’altra parte, la montagna di sofferenza e di odio, che schiaccia persone che amo e che mi sembra stiano sprofondando nelle sabbie mobili, senza che io possa fare nulla.
Penso dunque che sia opportuno rinunciare all’elenco dei flagelli e sostituirlo con una parola che ci impegna più direttamente. La parola è “conversione”. Essa contiene un germe di speranza, perché sono convinto che sia nostro dovere cambiare qualcosa di noi stessi, magari anche piccole scelte, minimi gesti di pace, tempi di ascolto dedicati a chi fa fatica a farsi udire. Da queste piccole cose potrà venire il cambiamento. Cerchiamo la verità, non lasciamoci andare ai luoghi comuni, che cercano di giustificare la nostra indifferenza.
Ecco, allora, che giunge la festa, nella quale celebriamo l’Assunzione di Maria in cielo. Forse qualcuno ha dimenticato che questa è la ragione, per la quale si fanno le vacanze di “Ferragosto”, le Ferie di Agosto. Ma ci si deve chiedere se essa abbia un senso, se non sia una favola bella, magari anche utile, per rivendicare la dignità delle donne, così spesso calpestata. Ora, non possiamo ignorare il nostro “cielo”: quale orizzonte c’è, nella nostra vita? E’ bello pensare che il segno grande che vi vediamo sia ila figura di una madre. Quanta verità c’è, nel suo rimanere accanto alla croce del Figlio! C’è anzitutto la verità dell’uomo: la croce, che cerchiamo così spesso di nascondere e dimenticare. Poi, c’è la verità dell’amore, dell’amore che “rimane”: questa parola indica certamente la perseveranza di Maria, l’accettazione, ancora una volta e nel modo più pieno, delle parole dell’angelo, quel giorno a Nazaret. Ma c’è anche la risposta alla nostra domanda, “Che cosa resta di noi”, del nostro affannarci, della nostra ricerca del potere e di una gloria che si rivela polvere? Maria dice, nel suo Cantico, il Magnificat, “Tutte le generazioni mi diranno beata”: ci sarà qualcuno che dirà beati noi, anche per qualche piccola cosa? Quale sarà la memoria che accompagnerà il nostro nome? Maria profetizza il senso della storia: “Dio ha spiegato la potenza del suo braccio – ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, – ha innalzato i miseri”. Guardando a Maria, la conversione diventa più facile. Lei è la benedetta: quanti nomi, dei protagonisti di questo tempo saranno benedetti, almeno un po’? e il nostro?
In questo intenso articolo, trovo tutto. I valori persi, soprattutto.
C’e’ del vero in questo articolo. Ci vorrebbe qualcuno che pareggi le situazioni nei vari Paesi. Dei flagelli del mal tempo, non so.
Caro Don Dossetti: la vita e’ dolore e difficolta’. il mondo e’ suddiviso in tantissime popolazioni di estrazioni diverse. Le faccio una battuta: se fossimo tutti calciatori faremmo il possibile per andare a giocare negli Emirati Arabi. Ma. non tutti gli Stati sono come gli Emirati. Percio’ occorre chi studi il malessere e ripieghi coi soldi alla vergogna, che ricalca un film “Radici” ma in realta’ molto peggio. Quello che pareggia le economie mondiali dovra’ pure arrivare, per dindirindina, almeno spero di vederlo a breve . Che qui in Italia queste morti in mare fanno dispiacere, non sa quanto. I disastri naturali ? Non ce li caveremo mai di torno.
L’ apprezzo molto per il Suo impegno e i segnali che sa cogliere.
Cordialita’
Fausto Poli