Portanova: ok dal Coni, ma nuove proteste

caso-portanova-la-protesta-delle-femministe-all-allenamento-

Manolo Portanova è a tutti gli effetti un giocatore della Reggiana, dove arriva in prestito dal Genoa. Il club emiliano ha infatti ottenuto il definitivo via libera per poter usufruire delle prestazioni del centrocampista. Il giocatore, assistito dall’avvocato Flavia Tortorella, ha vinto il ricorso contro il Coni  dopo che la Procura Federale aveva chiesto il suo deferimento a seguito della condanna in primo grado a sei anni e mezzo per violenza sessuale di gruppo., contestandogli contestata la violazione dell’articolo 4 comma 1 del Codice di giustizia sportiva.

“La decisione del Tfn significa che il tribunale non ha giurisdizione su un fatto che non riguarda la sfera sportiva”, ha spiegato l’avvocato Gabriele Bordoni, difensore del giocatore della Reggiana. “Il processo sportivo è finito e Manolo può andare tranquillamente in campo con la sua nuova squadra”. Una decisione che non è, tuttavia, bastata a placare le polemiche, con un nutrito gruppo di attiviste delle associazioni ‘NonDaSola’ e ‘Non una di meno’ che si è presentata al centro di allenamento della Reggiana per protestare contro l’ingaggio di Portanova.

“Il Tribunale Federale Nazionale, presieduto da Carlo Sica, in merito al deferimento proposto dal Procuratore Nazionale dello Sport nei confronti del calciatore Manolo Portanova ha dichiarato il difetto di giurisdizione.

Il calciatore, all’epoca dei fatti tesserato per il Genoa, era stato deferito per la violazione dell’art.4 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva in seguito alla condanna in primo grado a sei anni di carcere”.

Per ragioni di ordine pubblico, il gruppo è stato fermate all’esterno dei cancelli, lontano dal centinaio di tifosi presenti all’allenamento, mentre reggeva uno striscione intonando cori indignati contro la Reggiana. “La giustizia sportiva non esiste – ha detto Carla Ruffini – Lo stesso Coni aveva assolto cinque giocatori che avevano commesso un reato analogo, stupro di gruppo. Doveva essere la società a decidere e le istituzioni a farla recedere, invece niente. Siamo arrabbiate anche con gli sponsor, aziende che spesso sostengono cause civili, ma in questo caso non hanno detto una parola”.