Lotta alle mafie, Gratteri a Reggio: l’Europa peggio dell’Italia

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Con il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e (in video collegamento) il procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo si è chiuso questa mattina Noicontrolemafie 2023, il Festival della legalità promosso da ben 12 anni dalla Provincia di Reggio Emilia insieme a 29 Comuni e la Regione, con la direzione scientifica di Antonio Nicaso.

“Lotta alle mafie: a che punto siamo?” il tema del dibattito in un’aula magna dell’Università gremita di studenti delle superiori, tanto che per i cittadini si è dovuta predisporre una seconda aula per poterlo seguire su un maxi-schermo. Ad aprire i lavori è stato il presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giorgio Zanni, che ha ricordato l’impegno delle istituzioni reggiane sul fronte della diffusione di una cultura di legalità, ma non solo. “Qui, in questi ultimi anni, si è anche costruito un sistema che funziona e che dimostra che i problemi non si nascondono sotto il tappeto, ma si affrontano a visto aperto – ha detto – Un sistema istituzionale che parte dall’elevatissimo numero di interdittive emesse dalla Prefettura, ma si basa anche sui tanti protocolli di cui ci siamo dotati solo noi in tutta Italia, che sono certamente più restrittivi su urbanistica, lavori pubblici, conferimento degli appalti, sul lavoro di un Ufficio associato legalità al servizio di tutti i Comuni. Un sistema che è stato messo attacco nel momento in cui una azienda ha deciso non solo di ricorrere contro una interdittiva, che è assolutamente legittimo, ma anche contro tutto questo lavoro di squadra che coinvolge la Prefettura, la Provincia, tutti i Comuni, la Regione e il Ministero: e, tutti insieme, abbiamo nuovamente fatto fronte comune per difendere questo sistema”.

“Ma per allontanare le mafie, non basta il protagonismo delle istituzioni, è indispensabile anche quello dei nostri concittadini – ha concluso il presidente della Provincia rivolgendosi agli studenti – A partire dai più giovani, a cui è richiesto un protagonismo ed anche un decisionismo collettivo. Perché ogni nostra decisione ci mette di fronte a una scelta: se stare dalla parte della legalità o dell’indifferenza. Allora il mio invito è a non voltarvi dall’altra parte, a liberarvi dall’indifferenza e a compiere scelte partigiane, scegliendo ogni giorno una parte, la parte giusta”.

Un appello ripreso anche, nel suo saluto, dal sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi: “Noi contiamo su di voi perché possiate interpretare i valori migliori di queste terre nel continuare ogni giorno a costruire il futuro, perché la capacità di liberarci dalle mafie è sulle spalle della classe dirigente certamente, ma soprattutto sta nel contributo, nel senso etico e nella consapevolezza delle nuove generazioni su cui noi abbiamo grande fiducia”.

Dopo l’introduzione del direttore scientifico di Noicontrolemafie, Antonio Nicaso, che ha ricostruito i temi affrontati nelle prime tre giornate – dalla globalizzazione alla tecnologizzazione delle mafie – l’atteso intervento di Nicola Gratteri.

“Se la domanda è a che punto siamo nella lotta alle mafie, la risposta non può che essere dipende da quale punto di vista – ha detto – Da quello del mio distretto, che interessa tre-quarti della Calabria, sarei ottimista, perché in questi ultimi anni abbiamo fatto cose importanti con un ritmo impensabile e vedo maggiore speranza e fiducia da parte della collettività. Da quello dell’Italia, dopo i disastri normativi fatti dal governo dei migliori siamo in attesa di capire cosa vuole fare quello nuovo. Da altri punti di vista, invece, sono molto più preoccupato. Intanto perché vediamo le mafie assomigliarci sempre più, vestendo e mangiando come noi, frequentando i nostri stessi luoghi, perché sempre più donne e pubblici amministratori, ma soprattutto il mondo delle professioni sono al servizio della ‘ndrangheta”.

Ma è soprattutto l’Europa a preoccupare il procuratore Gratteri. “Una Europa economico-finanziaria, non politica, che non si interessa di sicurezza e di contrasti alle mafie e che nei bilanci del Pil inserisce anche i guadagni illeciti del traffico di droga e prostituzione, il che non mi pare molto etico – ha detto – In Italia il governo ha da poco alzato a cinquemila euro il tetto ai contanti e tutti hanno gridato allo scandalo: ma in Europa un limite non c’è, c’è solo una direttiva che invita gli Stati a non consentire transizione economiche oltre i diecimila euro”.

“A me sembrano persone che vivono su Marte e da Marte ogni tanto inviano delle e-mail – ha continuato il procuratore – L’ultima perla è sul Pnrr, con l’Europa che dice che non bisogna limitare il subappalto, l’esatto contrario di quello che sosteniamo da trent’anni: questo significa creare autostrade alle imprese mafiose perché possano arricchirsi, è il più grande favore che l’Europa possa fare alle mafie”.

“Si è vero, abbiamo fatto passi importanti, abbiamo liberato territori oppressi dalle mafie, ma non riesco a vedere una forza politica con idee chiare e volontà di creare un sistema normativo proporzionato alla realtà criminale, e non mi riferisco tanto all’Italia – ha continuato Gratteri – In Europa non abbiamo ancora una vera collaborazione, abbiamo sigle di agenzie che a volte funzionano bene, ma ancora nel 2023 manca un sistema giudiziario che mi consenta, se faccio una rogatoria internazionale, di rapportarmi con tutta il continente e di aspettare mesi perché ad esempio l’Austria mi risponda”.

Venendo invece ai problemi italiani, quelli principali, per Gratteri, sono due: la carenza di personale e di un adeguato know how tecnologico. “Il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione deciso nel 2010 è stata una vera sciagura – ha spiegato – Noi oggi abbiamo nelle prefetture mediamente il 30 per cento del personale in meno, da allora ci mancano mancano 20mila poliziotti, 19mila carabinieri e 8mila mila finanziari. E abbiamo bisogno di assumere anche hacker che ci aiutino a decrittare le comunicazioni tra i mafiosi bucando, perché il territorio da controllare non è più solo quello fisico da presidiare con i posti di blocco”.

Infine, anche dal procuratore di Catanzaro un appello ai ragazzi: “Se mi chiedete cosa potete fare, vi rispondo studiare, studiare, studiare – ha concluso – Perché se non studiate, da adulti vi prenderanno in giro; se non capite quello che sta accendo nel mondo, da adulti vi fregheranno e mentre vi state divertendo davanti agli spettacoli colorati che vi propinano in televisione, continueranno a controllare il potere solo loro. Studiate fin dalle elementari e medie, studiate alle superiori cinque, sei ore al giorno, a fatelo senza il telefonino, perché da quello non vi arrivano né cultura né informazione, seguite i vostri insegnanti per non diventare dei pecoroni servi del potere e di chi vi vuole manipolare. E alla vigilia di un concorso studiate anche dieci ore al giorno, perché sì, ci sono i raccomandati, ma oltre che per i figli di ci sono posti anche per i figli di nessuno. E la storia del nostro Paese è piena di figli di nessuno che si sono affermati e ottengono risultati eccezionali in tutti i campi”.

A chiudere il convegno, l’intervento in video collegamento del procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo, che pure ha manifestato profonde preoccupazioni. A partire dal conflitto in Ucraina, “una terribile guerra provocata da una ingiustificata aggressione, che di fatto è teatro, oltre che di orribili carneficine, anche di sperimentazione massiva di nuove tecnologie aggressive che domani verranno riconvertite ad uso commerciale ed anche criminale”. Anche per Melillo l’Italia deve poi colmare il gap tecnologico con mafie e terrorismo: “Siamo ancora in grado di raggiungere risultati importanti grazie a forze di polizia tra le migliori al mondo e a magistrati che sanno lavorare bene e insieme, ma alcuni Paesi europei camminano più velocemente sul fronte tecnologico e normativo – ha continuato – Qui abbiamo assistito a un dibattito deprimente sulle intercettazioni: la dimensione digitale è tale da consentire alle mafie di trasferire dati, informazioni e ricchezze in modi impensabili fino a poco tempo fa. Le reti criminali usano il deep web e le criptovalute e dinnanzi a tutto ciò il dibattito pubblico si attorciglia intorno al trojan per le intercettazioni, mentre in Francia si sono dotati di strumenti normativi, di cui avremmo urgente bisogno, per accedere agli ambienti cibernetici con un concetto delle intercettazioni molto più ampio ed adeguato alla realtà con cui abbiamo a che fare. Questo permette alle autorità francesi di accedere alle piattaforme criptofoniche, che di per se stesse sono di natura illecita, attraverso tecnologie sofisticate che per legge sono addirittura coperte dal segreto di Stato”.

“Noi abbiamo imparato a usare gli hacker per difenderci e verificare la sicurezza delle nostre reti, ma non ancora a scopo offensivo”, ha aggiunto Melillo invitando la platea a tenere alta la “vigilanza democratica” (“considerare i magistrati un baluardo dell’antimafia rischia di essere fuorviante e deresponsabilizzare altre funzioni pubbliche che hanno invece grandi responsabilità”) chiudendo a sua volta con una riflessione sulla stagione del Pnrr: “Se tra qualche anno dovessimo prendere atto che non solo in Italia, ma anche in Europa, una parte significativa anziché destinarla alle nuove generazioni è nelle mani della criminalità o tra i mille rivoli della corruzione e degli abusi, non soltanto sarebbe perduta una gigantesca occasione di progresso economico e sociale, ma la stessa credibilità del nostro Paese sarebbe azzerata”.