Reggio, brutta e trascurata la cartellonistica

Primavera di bellezza era il titolo di un libro di Beppe Fenoglio. Ma primavera e bellezza sono due sostantivi che trasformano il tempo in leggerezza. Le ragazze vestono leggere, accarezzate dal vento. «E vene marzo e già cagna l’aria /Sentennolo arrivà /Nu poco chiove e nu poco schiara», (quando c’erano le stagioni…), ma i versi di Teresa de Sio restano leggeri come la primavera, e la bellezza la senti arrivare.

A Reggio Emilia la bellezza è un diritto, anzi il tema addirittura di un workshop… Lo spiattella un cartellone 6 metri per 3 piazzato in viale Timavo (nella prima foto), che incrocia via Sergio Beretti partigiano. Di fronte a un diritto il minimo che puoi fare, se sei in bicicletta, è scendere (per non rischiare di capitombolare) e assentire. Siamo, quindi, scesi dalla bicicletta, lo abbiamo fotografato a imperitura memoria e, rimontati sul nostro proletario mezzo, abbiamo proseguito in cerca del diritto alla bellezza affissa e dichiarata. In viale Timavo, compreso fra via Beretti e via Magenta (EsseLunga), ne abbiamo contati sei (double face) di quel poderoso formato e due in formato più gentile ed elegante, ma dalla bellezza siam lontani comunque. Il diritto, conclamato che è un diritto, rimane sospeso. Tuttavia non demordiamo e, per essere certi che sia un diritto, abbiamo ri-percorso lo stesso tratto dei controviali e siamo ri-tornati a leggere: Diritto alla bellezza. Che bello! Se non che poco prima un pannellone sempre di 6 metri per 3 stava lì nudo e arrugginito (foto 2).

Le contraddizioni sono il sale della vita e se non c’è il brutto come fai a sapere che cos’è il bello, giusto?

Riflettendo su questa profonda verità, come flaneur ci siamo incamminati, si fa per dire perché eravamo in bicicletta (leggermente alzati dalla sella per evitare imprevisti e spiacevoli contraccolpi) – sfidando il gas di scarico aleggiante in quel pezzo di città, verso quello che una volta era un seminario e oggi è sede universitaria, la cui sagoma “sboccia” dietro il possente cartellone pubblicitario, ignudo e arrugginito con bacio stampigliato in dissolvenza (foto 3).

E da piazzale Fiume, nuotando nello smog, siamo arrivati a piazza Diaz (ossia Porta Castello), sulla nostra destra sfilavano altri poderosi e arrugginiti paladini della pubblicità di ferro e carta.

Sul calare della sera, sempre riflettendo sulla profonda verità di cui sopra, smessi gli abiti del flaneur per lavoro (ossimoro), ci siamo seduti masochisticamente su un panchina in via Simonazzi, fumando una sigaretta. E lì, (quasi) di fronte a noi, compare il PUG, appeso al cartellone con una domanda che era una risposta a sé stessa «Reggio Emilia può essere più sostenibile, attrattiva e solidale?», «Sì, abbiamo un piano, il PUG», si rispondono gli amministratori (foto 4).

E fumando aspettiamo il diritto alla bellezza.

 




C'è 1 Commento

Partecipa anche tu
  1. michele medici

    Io continuo ad interrogarmi su che diavolo voglia dire; diritto alla bellezza. Poi, di colpo, in me alberga un fatale sospetto, il suddetto titolo lo deve aver generato un copy in preda al pensiero laterale e anche un pò storto.


I commenti sono chiusi.