Il 16 marzo del 1978 in via Fani a Roma erano due i reggiani (su quattro) che sterminarono a raffiche di mitragliette e revolver i cinque uomini della scorta del presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro. Giovani agenti, padri di famiglia, ragazzi per bene figli di quel proletariato che gli assassini vigliacchi delle Brigate rosse sostenevano di voler affrancare dalla loro condizione per instaurare in Italia un regime di matrice marxista-leninista.
Comunisti si dicevano e comunisti rivoluzionari erano, i Gallinari, i Franceschini, gli Ognibene, gli Azzolini, i Bonisoli, i Pelli, i Paroli e i tanti che dimentico, cresciuti nel mito della Resistenza tradita e della necessità della lotta armata. La federazione giovanile del Pci reggiano fu il brodo di coltura di quei giovani: ne uscirono alla fine degli anni Sessanta per fondare proprio qui, sulle colline di Pecorile, il gruppo terroristico che tenne sotto scacco per oltre un decennio la ancora fragile democrazia italiana.
Reggio Emilia ha un conto aperto con il terrorismo rosso che parte dal secondo dopoguerra e arriva a via Fani. In un’epoca di retorica populista e di vigliaccheria storico-politica, la nostra comunità non è ancora stata capace di trovare la forza di chiudere con dignità e coraggio un’epoca tanto drammatica quanto incancellabile.
Gli enti locali finanziano copiosamente istituti, eventi, manifestazioni invariabilmente tese ad accreditare un racconto distorto dinanzi alla complessità delle vicende del Novecento. Quando qualcuno si avvicina agli anni di piombo i nostri amministratori, e i rari intellettuali locali, voltano le spalle. Perché hanno paura della verità storica. Perché non comprendono che le comunità mature e di democrazia compiuta non temono di rileggere le pagine nere della propria storia. Fare luce è un atto dovuto anche nei confronti delle nuove generazioni.
Spetta alla politica nel suo insieme sollevare i giovani del ventunesimo secolo da divisioni, rancori mai sopiti, volontà di vendetta. Abbia coraggio chi lo deve avere. Sono trascorsi quarantacinque anni da quella mattina in via Fani: è ora di suturare quella ferita restituendo a Reggio Emilia, città medaglia d’oro della Resistenza, l’immagine di una comunità senza macchie.
Ultimi commenti
buffon sei il numero uno del pianeta terra
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!