Baragalla è un pugno di case tra Reggio e Rivalta, una frazione nella frazione. Ma si prepara ad ospitare un duello da mezzogiorno di fuoco: a distanza di una decina di metri l’uno dall’altro, si stanno per sfidare a colpi di hamburger e bistecche una multinazionale americana e una società italiana specializzata nel franchising della ristorazione multietnica.
E’ la concorrenza, direte voi. Certo, ma sullo sfondo di questa nuova rincorsa alla tavola attorno a cui radunarsi per pasti sempre più veloci (anzi,da gustare anche in auto senza nemmeno vedere in faccia il cameriere figuriamoci lo chef), si consuma anche una svolta politica che smaschera il fronte anticapitalista del panino del popolo.
Solo qualche anno fa, quando il primo ristorante della multinazionale a stelle e strisce, nonostante le smentite ufficiali, stava preparando lo sbarco in quel fazzoletto di terra che, per generazioni, aveva ospitato strumenti da campeggio, si mobilitò anche la sinistra antagonista. Picchetti, okkupazioni, manifestazioni, assemblee pubbliche e volantinaggio contro il bruto conquistatore capitalista, che veniva a portare panini a basso costo e di qualità ritenuta discutibile in una terra allora vergine. Poi, certo, c’era anche il corollario delle proteste per il traffico in aumento e il peso di nuovi insediamenti, ma già allora Baragalla e Rivalta erano – come sono – un unico serpentone di auto a tutte le ore del giorno dal momento che nessuno dei nostri amministratori ha mai voluto risolvere il nodo del collegamento sud-nord di Reggio lungo l’asse della Statale 63. Nella mobilitazione trasversale contro la multinazionale Usa ci fu anche un gemellaggio internazionale addirittura con il fronte australiano della protesta presentato come quello dei più acerrimi nemici del panino con hamburger.
Non è servito a nulla, perché il ristorante ora è al suo posto e le proteste di allora si sono ridotte alla denuncia di qualche cartaccia abbandonata per strada, tra via Ardigò e via Ricardo. Non è servito a nulla, soprattutto, perché ora di quei ristoranti ne arriva un altro, a poche decine di metri dal primo. Curiosamente, però, questa volta nessuna protesta paragonabile alla prima, epica mobilitazione. Le barricate hanno ceduto il passo a una resa incondizionata alla bistecca – anche carne argentina, ci assicurano – forse perché la società questa volta non è una multinazionale Usa invisa ai gruppi della sinistra più estrema. No, sede italiana per una spa che pure opera anche in altri stati d’Europa e che ora vanta nel suo paniere anche un marchio di ideazione reggiana. Così scivolano sullo sfondo le reprimende per la cattiva alimentazione del modello mordi e fuggi; per il nuovo traffico che ruoterà attorno alla nuova tavola; per il modello culturale e gastronomico che si voleva combattere senza se e senza ma. Il carrello degli ideali bolliti della sinistra antagonista si sono arresi alla bistecca.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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