“Caro direttore,
come prima, peggio di prima. Per M5S e Terzo polo la nuova legislatura è iniziata come era finita la precedente. Tutti contro il Pd: Calenda, Conte e Renzi sono ancora in campagna elettorale”.
Inizia così la lettera firmata del segretario dem Enrico Letta, pubblicata dal Corriere della Sera e poi postata sui social dallo stesso leader dem.
“Stessi i toni, simili le forzature dialettiche, a dimostrazione che, quando si tratta di piccoli interessi di parte, alla fine possono emergere paradossali affinità elettive anche tra chi ha passato anni a farsi reciprocamente la guerra e a porre a noi estenuanti veti incrociati. Nel mentre la destra ha vinto le elezioni e Giorgia Meloni governa l’Italia. Eppure, tutti e tre ritengono che fare opposizione al Pd sia più redditizio che fare opposizione al governo più a destra della storia della Repubblica.
È una scelta priva del benché minimo senso di responsabilità istituzionale. E non lo dico per le potenziali conseguenze sul Pd. Lo dico per le ripercussioni certe sull’Italia. Chi fosse Giorgia Meloni e che tipo di posizionamento avesse la sua coalizione era noto prima del voto. Noto a noi, quantomeno. L’esordio del governo ha surclassato ogni previsione. Un debutto a base di selezione anticostituzionale dei migranti, tentativi di compressione della libera espressione del dissenso, afonia sul lavoro e contro il caro vita, tentennamenti sulla politica economica. Dalle promesse elettorali a una navigazione subito incerta e con una visione di cortissimo respiro. Di fronte a questo l’Italia avrebbe bisogno di un’opposizione doppiamente solida, in grado di convogliare tutte le energie per contrastare la destra anzitutto sulle misure contro recessione, inflazione, malessere sociale.
Per conto nostro ci siamo mossi con spirito unitario chiedendo un coordinamento delle opposizioni. Un segnale di debolezza, per taluni. La conferma, a mio parere, della funzione di presidio delle istituzioni e dell’interesse generale che è parte dell’identità Pd. È un ruolo che rivendichiamo con orgoglio: prima, sempre, viene il Paese. Anche quando la convenienza contingente suggerirebbe il contrario. È la nostra storia ed è una cultura politica che esalta la comunità e il bene comune e che vive l’impegno politico per il tramite della funzione di intermediazione attribuita dalla Costituzione al partito. E il Pd è un partito. Un partito che non è proprietà di nessuno se non dei suoi iscritti, militanti, elettori. A questo ruolo e a questo orgoglio mi riferisco per rispondere agli argomenti espressi ieri da Roberto Gressi sulle difficoltà attuali del Pd.
Guardiamo al contesto: siamo oggetto di una quotidiana «opposizione all’opposizione» e questo fa da sfondo al congresso e incide sul suo svolgimento nel racconto pubblico. È un dato di fatto, niente vittimismi. Peraltro, una fase congressuale di per sé, nella storia italiana, non sarebbe una novità. Diventa un evento straordinario se letto con le lenti della politica attuali. Quali partiti hanno fatto di recente o fanno ancora congressi veri con leadership contese da più candidati? Nessuno. È prassi scontata negli altri Paesi Ue. È rarità nell’Italia dei partiti personali o proprietari di oggi. Anzi è un fatto unico, eccezionale, di cui siamo orgogliosi e per cui pretendiamo rispetto. Noi abbiamo una vera democrazia interna, gli altri no. Nessuno sa chi diverrà il nuovo segretario del Pd perché saranno aderenti, iscritti ed elettori a deciderlo. E sarà un congresso efficace proprio perché l’esito non è scontato e perché noi, e solo noi, abbiamo il coraggio e la forza di porci domande scomode fin qui inevase. Su questo il nostro congresso costituente è una sfida alla politica, personale ed egoriferita, dell’Italia contemporanea. Riscriveremo il Manifesto dei valori, fermo al 2007: pre Lehman Brothers, pre Brexit, pre Trump, pre Covid, pre Ucraina. Col congresso fisseremo l’agenda della nostra opposizione, nel Paese e in Parlamento. Ci saranno, da qui a Natale, eventi pubblici e una grande mobilitazione, nei nostri circoli e attraverso una larga consultazione su tutti i nodi principali, tematici e organizzativi.
E a dicembre porteremo in piazza gli italiani che chiedono una politica degna per dare protezione a cittadini, lavoratori e imprese dal carovita e dalle tante difficoltà di questo tempo tormentato.
Lo faremo con i nostri iscritti e militanti e con tutti coloro che vorranno aderire e decidere la nuova leadership. Lo faremo rilanciando le nostre idee con orgoglio. E attraverso questo sforzo renderemo ancora più evidente l’utilità per il Paese di un partito grande e serio come il Pd. Utile perché il più ancorato all’Europa per un’Italia che sta scoprendo che vuol dire un governo che ha chiesto i voti contro Bruxelles e che con Bruxelles deve convivere e trattare, quotidianamente e su tutti i temi. Utile perché il partito più riformista che sa compiere scelte di lungo periodo e non dettate dalla consultazione compulsiva dell’ultimo sondaggio. Utile, anzi indispensabile, perché è un grande partito nazionale capace di unire il Paese e non di dividerlo tra Curva Nord e Curva Sud, coi rispettivi ultrà a soffiare sul fuoco del rancore, del disagio, della paura”.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]