Secondo la Banca mondiale, entro il 2050 saranno 143 milioni le persone costrette a spostarsi forzatamente dalla propria terra a causa dei cambiamenti climatici in atto, un dato che riguarda in particolare le popolazioni dell’Africa subsahariana, dell’Asia meridionale e dell’America Latina. L’International Displacement Monitoring Agency, invece, prevede che saranno addirittura 250 milioni le persone che entro la metà del secolo saranno costrette a fuggire da terre inondate o desertificate, distrutte da tornado e altri eventi atmosferici in grado di renderle inabitabili.
È a questa umanità in fuga, forzatamente migrante, che guarda il convegno “Popoli rabdomanti”, organizzato dalla cooperativa sociale L’Ovile e in programma sabato 5 novembre alle 16 nell’aula magna della sede reggiana dell’Università di Modena e Reggio.
Il convegno, che inaugura le celebrazioni per il trentennale di fondazione della cooperativa sociale reggiana, sarà aperto dagli interventi del sindaco di Reggio Luca Vecchi e del presidente dell’Ovile Valerio Maramotti e sarà introdotto dalla proiezione di un video sull’alluvione in Pakistan di poche settimane fa, che ha causato più di mille vittime e ha interessato 33 milioni di persone. In seguito interverranno il climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, la giornalista e divulgatrice ambientale Francesca Santolini, la giornalista Sabika Shah Povia e l’esperta di comunicazione istituzionale e advocacy nel campo dei diritti umani Lucia Ghebreghiorges; a moderare i lavori sarà Edoardo Tincani, direttore del settimanale diocesano La Libertà.
“Sarà un confronto con qualificati esperti sul clima e sulle migrazioni”, ha sottolineato Maramotti, “ma vuole soprattutto essere una riflessione sull’impegno della nostra comunità locale a sostenere e, quando è necessario, ad accogliere. La stragrande maggioranza delle persone costrette alla fuga a causa di cambiamenti climatici si sposta nelle prime aree abitabili vicine, che spesso a loro volta hanno bisogno di solidarietà internazionale per reggere l’urto di queste migrazioni, assicurare condizioni di vita dignitose e sostenere progetti di ritorno in aree da ricostruire; al tempo stesso, però, ci sono anche condizioni climatiche disastrose il cui perdurare spinge milioni di persone a un abbandono definitivo e alla ricerca di opportunità in altri paesi”.
Questo, ha ricordato Maramotti, “è quel che è accaduto ad esempio in paesi come Ciad, Niger, Camerun e Nigeria con il progressivo prosciugamento del lago Ciad, risorsa vitale per quelle terre, che in 50 anni si è ridotto del 90%; con l’aggiunta dell’insurrezione di Boko Haram, questo scenario ha determinato la fuga di 3,5 milioni di persone, in gran parte giunte in Europa. Che sia lontana, alle porte o dentro i nostri confini, questa grande parte di umanità ci interroga, ha diritto a una voce e a un ascolto che nasce, innanzitutto, dalla consapevolezza e dalla conoscenza di fenomeni di cui spesso non percepiamo l’enorme portata”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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