Un Pd sotto choc. Il 2019 mette paura

Per usare un eufemismo, per il Pd non è un momento facile. Le difficoltà si ripercuotono anche sul piano locale, dove pure il partito è riuscito a eleggere i propri candidati sia nei collegi uninominali, sia nella quota proporzionale (Andrea Rossi).

 
Proprio la prevedibile prossima uscita di Rossi dall’attuale ruolo di sottosegretario alla presidenza della Regione rischia di aprire un fronte di conflitto tra i maggiorenti della federazione di Reggio Emilia. Unico reggiano presente nella giunta Bonaccini, ora Rossi dovrà essere rimpiazzato da una figura che rappresenti il territorio locale. E qui, gli aspiranti sono molti.

 
I papabili per la successione si aprono con il nome di Giammaria Manghi, presidente della Provincia e sindaco di Poviglio, di area Delrio. In questi anni di gravi difficoltà per enti che il governo Renzi avrebbe voluto abolire, ma che di fatto sono usciti dalla zona di pericolo di estinzione, Manghi ha cantato e portato la croce facendo acrobazie tra cali drammatici di risorse e personale da ricollocare. Non è mistero che la sua candidatura a una promozione goda di un consolidato sostegno, e che ragionevolmente l’interessato se l’aspetti.

 
I rivali di Manghi hanno tuttavia le carte in regola per aspirare alla nomina del governatore. Alessio Mammi, sindaco di Scandiano per due legislature, così come il vicesegretario provinciale Andrea Tagliavini, sindaco di Quattro Castella, anche lui in scadenza l’anno prossimo, sono giovani, hanno comunque ampia esperienza di amministrazione e, nel tracciato del proprio impegno politico, ambizioni di crescita.

 
Tra i candidati in lizza non può essere certo escluso Andrea Costa, segretario provinciale e sindaco di Luzzara, il quale può vantare una rielezione nel centro della Bassa con percentuali bulgare e un lavoro incessante da un capo all’altro della provincia per tenere insieme una federazione non priva di difficoltà
 
Il quadro non può d’altronde prescindere dagli esiti della resa dei conti già avviatasi nel partito a livello nazionale con le annunciate dimissioni dalla segreteria di Matteo Renzi. Non vi sono più certezze.
Le urne hanno completamente ridisegnato gli equilibri politici in Emilia-Romagna, tanto è vero che già oggi l’elettorato si distribuisce, seppure a macchia di leopardo, in uno scenario tripolare, il che impatterà in ogni sfida anche di carattere amministrativo.
 
La nomina in Regione è forse una tra le ultime scelte che il Pd emiliano (e in gran parte reggiano) potrà permettersi di scegliere senza doversi confrontare in uno scenario di dura competizione. Anche per questo, il posto sinora ricoperto da Rossi rappresenta una casella preziosa. Alla quale – non è escluso – il governatore potrebbe decidere di inserire un outsider di rigorosa fiducia anche personale: circola il nome di Valeria Montanari, assessora alla partecipazione in Comune a Reggio. Nè bisogna dimenticare l’escluso più eccellente del Pd reggiano prima ancora del voto, quell’ex deputato Paolo Gandolfi che, dopo una sola legislatura, è rimasto tagliato fuori dalle logiche correntizie.

 
Sullo sfondo delle conversazioni riservate sulla successione a Rossi vi è da segnalare la non meno rilevante questione Vecchi, improvvisamente accesasi nei più o meno clandestini caminetti che caratterizzano questa fase cruciale nell’esistenza del Pd.
 
A Reggio si voterà nella primavera del 2019 per il rinnovo della maggioranza dei Comuni, capoluogo compreso, e sino alla vigilia del 4 marzo scorso, pur senza eccessivi entusiasmi, l’ipotesi di un secondo mandato per Luca Vecchi veniva data per certa anche negli ambienti renziani meno soddisfatti dell’asse privilegiato del sindaco con la sinistra radicale di Sassi e Tutino.

 
Il crollo registrato dal partito anche in città avvalora invece la prospettiva storica della mancata elezione di un sindaco di centrosinistra al primo turno (dal 1995, nell’ordine, Antonella Spaggiari, Graziano Delrio e, appunto, Vecchi). Lo spettro del ballottaggio non è più tale, bensì appare come l’esito più probabile di una competizione a tre tra Movimento 5 Stelle, centrodestra e centrosinistra. E se tutto è ora in discussione, inevitabilmente vi rientra anche la tradizione consolidata del doppio mandato garantito per il sindaco.
 
E’ Vecchi la figura più competitiva per affrontare la sfida arrembante delle forze sinora rimaste ai margini dal dominio della sinistra? Il tema non è più un tabù, e anzi vi è da prevedere che presto la discussione uscirà dalla dimensione semiclandestina e salga apertamente nel dibattito di ciò che resta del partito. Sempre che il Pd, nel 2019, sia ancora una forza politica unita.