Il terremoto parte terza

I Carabinieri intercettano una conversazione telefonica avvenuta poco dopo la seconda forte scossa di terremoto che il 29 maggio 2012 mette in ginocchio l’Emilia:
 
Antonio Valerio: “L’hai sentita l’altra scossa?”
 
Gaetano Blasco: “L’ho sentita sì. E’ caduto un capannone a Mirandola. Sono andato via da casa.”
 
Antonio Valerio: “Dai che andiamo a lavorare…”
 
Sono sereni e ironici nel tono, i due imputati del processo Aemilia. Non gliene frega niente dei 27 morti, delle centinaia di feriti, dei quindicimila sfollati. Delle macerie sotto le quali si ferma una fetta di economia che garantiva lavoro e risorse per la popolazione di almeno quattro province.
 
Come non gliene frega niente ad Antonio Muto, il grande imprenditore edile di Curtatone uscito assolto dal processo Pesci sulla ‘ndrangheta mantovana, che commenta sempre al telefono un’ora e mezzo dopo la stessa scossa: “Speriamo che arrivi la botta forte; se arrivasse almeno un minuto, un minuto ne fa di danni… Insomma, si crea lavoro”.
 
Ma questo è colore.
 
Perché lo scandalo negli affari illeciti all’ombra del terremoto, o in alcuni casi anche alla luce del sole, è ben altro e coinvolge non solo uomini che la Direzione Antimafia ritiene appartenere alla ‘ndrangheta.
 
Ci sono imprenditori nostrani, emiliani doc, oggi a processo, che ricevono trattamenti di favore negli appalti post terremoto da amministratori e dirigenti comunali altrettanto doc. E trattamenti di favore anche da grandi Cooperative sempre doc nell’aggiudicazione dei subappalti. Ci sono parlamentari sia di centro destra che di centro sinistra che si danno da fare contro le esclusioni dalla white list di imprese che usano mano d’opera della ‘ndrangheta o contro il possibile scioglimento di un Comune che non è solo permeabile alle mafie: è un vero colabrodo.
 
Se volete nomi e cognomi leggete i due articoli sul terremoto che abbiamo pubblicato in questa rubrica nel marzo dello scorso anno. E leggete anche l’articolo uscito sul fattoquotidiano.it il 14 gennaio scorso, dove si racconta l’impegno profuso dal senatore Giovanardi, allora PdL, a favore della Bianchini costruzioni srl colpita da interdittiva antimafia e l’impegno del senatore Vaccari, allora PD, a favore del sindaco di Finale Emilia che rischiava il commissariamento del Comune per gli appalti concessi alla stessa impresa.
 
La storia del post terremoto ci consente di verificare i danni che può produrre in provincia il sistema corruttivo-collusivo sul quale lancia un forte grido d’allarme l’ex Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti nella sua ultima relazione del 2017.
 
Dice il collaboratore Giuseppe Giglio di Augusto Bianchini, il titolare dell’omonima azienda modenese, nell’interrogatorio del 16 febbraio 2016: “Per il Bianchini era importante la superfatturazione e una volta che me ne sono dimenticato me lo rimproverò: guarda Giglio che per prendere i lavori bisogna oliare”.
 
Chiede il PM Mescolini: “A lui servivano per pagare tangenti, questo vuol dire?”
 
Giglio: “Esatto! Esatto! Ma come un po’ tutti eh, attenzione!”
 
Tre settimane dopo Giglio precisa ancora meglio: le fatture false e gli importi maggiorati non servivano tanto per abbassare gli utili e pagare meno tasse, ma per “creare liquidità che serviva a pagare sia i politici che le persone che lavoravano in Comune”.
 
Giglio sta parlando con i procuratori dei lavoro acquisiti dalla Bianchini Costruzioni nel comune di Finale Emilia e ricorda cosa gli disse Augusto: “Giglio, in queste cose bisogna essere precisi perché nel momento in cui io prendo i lavori bisogna oliare, se no i lavori non arrivano.”
 
E le provviste in nero per oliare amministratori e dirigenti pubblici Bianchini le creava da ben prima del terremoto: “Io ci lavoro da dieci anni e più con Bianchini, e anche prima lui aveva bisogno di queste fatture. Dal 2007, 2008. Non mi ha mai fatto i nomi di chi doveva pagare ma secondo me erano persone diverse. Una volta dovevi pagare il soggetto del Comune di Mirandola, una volta doveva pagare la persona di Carpi. Si trattava sempre di cifre di circa 25, 30mila euro. E alla fine pagava una percentuale sul valore dell’appalto che si aggirava tra il 5 e il 6%”.
 
Nel Comune di Finale Emilia il dirigente più sensibile e attento alle offerte della Bianchini era Giulio Gerrini, responsabile dell’area Lavori Pubblici e Servizio Manutenzione.  Nella sentenza di condanna a due anni e quattro mesi, confermata in appello, il giudice dice che “le indagini hanno convincentemente dimostrato che il tecnico comunale, agevolato da alcune evidenti connivenze, agiva senza il rispetto dei fondamentali canoni di trasparenza e imparzialità. Un asservimento della funzione pubblica all’interesse di una cerchia di imprenditori che godevano del favore del pubblico funzionario, fra i quali vi erano senza dubbio anche i Bianchini.”
 
Poiché i Bianchini (Augusto, i figli Alessandro, Alessandra e Nicola, la moglie Bruna Braga) sono ora a giudizio nel rito ordinario di Aemilia, il collegio giudicante ha voluto sentire il parere di consulenti d’ufficio sulle assegnazioni di lavori nel post terremoto decise dal dirigente Gerrini, che agiva in veste di responsabile unico dei procedimenti, progettista, direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza nei cantieri per conto del Comune di Finale Emilia.
 
Gli esperti fiscali operano per la Price Waterhouse Coopers, importante società internazionale di revisione dei bilanci. La sintesi dei loro risultati illustrata in aula durante una delle ultime udienze dice che su 13 procedure di cui hanno beneficiato la Bianchini srl di Augusto o la Ios srl del figlio Alessandro, 9 erano viziate da irregolarità nella aggiudicazione e 12 nella fase esecutiva. 11 procedure su 13 hanno evidenziato l’assenza dell’imparzialità che sarebbe stata dovuta da Gerrini.
 
Le slide dei consulenti valutano poi i vantaggi patrimoniali che arrivano a Gerrini e a Bianchini all’assegnazione di questi 13 lavori. Per Gerrini si tratta di 48.800 euro che gli arrivano (oltre allo stipendio) dal premio del 2%, sul monte lavori appaltati, che uno strano regolamento del Comune ha deciso di assegnare ai dirigenti. Ma a Finale Emilia c’è un solo dirigente che può ricevere quel premio, Gerrini appunto, e un solo dirigente che lo assegna, Giuseppe Silvestri, il quale è però tanto legato a Bianchini da diventare anche presidente della sua srl dopo l’esclusione dalla white list. Il vantaggio patrimoniale dei Bianchini (padre e figlio) per questi lavori assegnati tra amici è di 1,37 milioni di euro, sempre secondo le ricostruzioni dei consulenti.
 

C’è però un fatto ancora più scandaloso dei guadagni personali in questa storia, stando alle indagini coordinate dalla Direzione Antimafia. E’ il danno ambientale e il rischio per la salute delle nostre genti che deriva dai materiali utilizzati nelle opere di ricostruzione dalla Bianchini Costruzioni srl. La lista dei luoghi in cui operava l’impresa e in cui è stato ritrovato materiale sospetto, poi identificato come amianto da parte dei tecnici dell’Arpa, è lungo. La lista delle inadempienze di enti locali e di tentativi di sviare le indagini pure.

 
Nel settembre del 2012 viene verificata la presenza di amianto nel materiale depositato all’aria aperta all’interno Campo di Accoglienza post terremoto denominato Trento, nella frazione San Biagio di San Felice sul Panaro. Siamo a pochi metri da una chiesa e da un asilo. L’amianto lo ha scoperto il personale della protezione civile di Trento che gestisce il campo. Fortunatamente loro hanno fatto analizzare il materiale nonostante il Comune assicurasse, vista la documentazione prodotta dalla Bianchini Costruzioni, che lì non c’erano accatastate sostanze pericolose. Come se fosse logico aspettarsi di trovare scritto su di un documento ufficiale: “abbiamo utilizzato amianto mescolato alla terra per risparmiare sui costi e sui tempi fregandocene degli effetti nocivi”.
 
Un mese dopo sempre i tecnici dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale di Modena trovano frammenti di amianto nell’area denominata Piazzale Italia a San Felice, dove la Bianchini ha depositato materiale riciclato per il sottofondo delle opere di urbanizzazione. La percentuale è di 4 frammenti di fibrocemento contenente amianto su 39. Il sindaco di San Felice ordina la rimozione del materiale contaminato, ma accettando la proposta della Bianchini per stoccare questo fibrocemento, risparmiando sui costi, nella discarica dell’impresa, che però non è autorizzata al conferimento di rifiuti pericolosi.
 
Sempre a San Felice la Bianchini realizza l’urbanizzazione di un’area in via Leonardo da Vinci destinata ad ospitare il nuovo capannone di una impresa, la Phoenix srl. E’ la denuncia di un privato cittadino al Corpo Forestale dello Stato e alla Regione Emilia Romagna a segnalare l’utilizzo di materiale contaminato da amianto per la stabilizzazione dell’area e l’Arpa in seguito conferma la segnalazione.
 
A quel punto il problema appare e preoccupa su vasta scala e i tecnici ambientali effettuano controlli anche presso la sede della Bianchini, verificando la presenza di amianto in tutti i campioni prelevati in tutti i cumuli di materiale accatastato all’aria aperta per un volume di 5/6mila metri cubi.
 
Ma non è finita. A partire dal mese di ottobre altro materiale contaminato da amianto viene portato alla luce nel cantiere dei nuovi capannoni Unifer a Finale Emilia, nella tangenziale di Sermide in provincia di Mantova e nei quattro lotti dove dovranno sorgere edifici scolastici provvisori dopo i crolli del terremoto: a Reggiolo, a Finale Emilia, a Mirandola e a Concordia sul Secchia. In tutti questi cantieri è operativa la Bianchini Costruzioni srl, che a Reggiolo riceve i lavori in subappalto da Coopsette di Castelnovo Sotto e per le altre tre scuole dalla CMC di Ravenna.
 
I lavori assegnati alla Bianchini per queste scuole hanno un valore di circa 1,7 milioni di euro.
 
Dice l’ordinanza sugli arresti del giudice Ziroldi nel gennaio 2015: “Agusto Bianchini, sfruttando il legame di amicizia tra Antonio Vignali (suo consulente ed ex dipendente pubblico) e Carlo Marchini, sindaco pro tempore del comune di Concordia Sul Secchia, si sta prodigando nel novembre 2012 per ridurre al minimo i costi (una volta scoperto l’amianto), eseguendo una bonifica superficiale del sito, diversamente da quanto avvenuto per le scuole di Reggiolo”.
 
A Reggiolo il sindaco Barbara Bernardelli, nello stesso periodo, impone alla Cooperativa Coopsette vincitrice dell’appalto di imporre alla Bianchini la rimozione completa dello strato di terreno nelle aiuole nelle quali era stata riscontrata le presenza di amianto e la sua sostituzione con terra pulita.
 
Aiuole all’amianto, vicino ai nuovi prefabbricati provvisori destinati ad ospitare i bambini nell’anno scolastico 2012/2013. Aiuole nelle quali forse i nostri ragazzi avrebbero scorrazzato e si sarebbero rotolati durante la ricreazione.
 
Il sindaco impone anche il trattamento del materiale da eliminare come rifiuto speciale e l’utilizzo di contenitori di sicurezza detti big bag per il trasporto in una cava appositamente autorizzata allo smaltimento di amianto.
 
Una cosa appare chiara: tra gli amministratori compiacenti che “bisognava oliare” e che Augusto Bianchini secondo Giglio ha effettivamente “unto”, perché gli dessero da lavorare e perché chiudessero uno o due occhi sull’amianto sparso per terra, non c’era di sicuro Barbara Bernardelli, sindaco di Reggiolo fino al 2014.

(da ‘Il terremoto parte terza‘ – Cgil Reggio Emilia)
 
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La Cgil di Reggio ha scelto una forma intelligente per seguire il processo Aemilia affidando a uno dei giornalisti più esperti della realtà locale, che è anche autore consolidato di opere di narrativa, lo sviluppo del dibattimento che va svolgendosi in questi mesi a Reggio Emilia. 24Emilia e io personalmente siamo particolarmente grati a Paolo e alla Cgil per averci concesso l’utilizzo dei suoi testi, anche nella consapevolezza che ciò possa contribuire a rendere più capillare la diffusione delle vicende legate alla penetrazione della ‘ndrangheta nella nostra provincia e a far sì che da una maggiore consapevolezza possano scaturire gli anticorpi affinché questi germi di malaffare possano essere definitivamente estirpati dal territorio emiliano. (n.f.)